Non è facile essere donna quando perdi ogni speranza. Dove dal successo ti ritrovi nel più profondo e perfido oblio, dove la vita sembra strapparti ogni cosa. Ogni sforzo appare vanificato e ogni porta chiusa.
Ma se a chiuderlo fossero gli altri? E se invece fosse il più grande spettacolo mai visto?
Una cosa è certa: a sorridere, sono gli elefanti.
È con questa storia dal titolo, appunto, Il sorriso degli elefanti (Le mille e una pagina editore) che l’autore Valerio Vecchi torna in libreria dopo il suo primo romanzo La spettacolare storia di Ebenizer.
“Con una maggiore consapevolezza – ha dichiarato il giovane scrittore – ho steso questa nuova opera. Ho preso più tempo rispetto alla prima che era stata scritta di getto, nata dall’esigenza di fare arrivare un messaggio. Questo nuovo libro, invece, vuole ripercorrere più approfonditamente gli argomenti trattati nel precedente, facendo continuare però la storia e aggiungendo al racconto nuovi personaggi”.
Ritorna la formula del “diario” di stralci di fogli lasciati per casa, una scelta non casuale né ripetitiva, e compaiono più dediche, una rivolta “alla forza delle donne”, le altre a donne care e vicine all’autore.
Si parla, del resto, di donne che resistono, che reagiscono e che si reinventano. Di donne che sono portate allo stremo perché schiacciate dai pesi della vita e che trovano la forza di rialzarsi. Non a caso, la figura dell’elefante rappresenta proprio la metafora di un grosso peso.
La trama affronta solidi valori con “schiaffi morali” contro una società che sembra essersi dimenticata della meritocrazia e che, disorientata, si chiede quale possa essere il futuro, ma desidera essere comunque estremamente semplice, accompagnata da un testo scorrevole e intuitivo senza troppi approfondimenti, per lasciare volutamente al lettore quel senso di “incompiuto”.
“Quando leggiamo – conclude Vecchi - dobbiamo anche porci delle domande ma non sempre troviamo le risposte e, quindi, ho fortemente voluto stuzzicare l’immaginazione. Un libro come il primo da ‘mille e una notte’: fermiamoci, sogniamo e facciamolo in grande, alla fine, ci ritroveremo a ‘sorridere’”.