"Voglio gridare al mondo che siamo perfetti così come siamo''. Queste le parole della cantautrice Brenda Carolina Lawrance in uscita con il suo nuovo singolo "Catalogarmi". Brano che (dopo l'esperienza a "The Voice of Italy" nel 2019, che l’ha vista in finale nel team del Sinatra del Rap Gué Peuqeno), le apre un nuovo capitolo del suo percorso artistico.
"Ho troppe sfumature per essere racchiusa in qualcosa." Ci racconta Brenda, poi continua: "Quindi il mio progetto mostrerà proprio questo: le mie sfaccettature, ogni canzone sarà diversa dalla precedente."
Ecco a voi la nostra chiacchierata. Buona lettura.
Ciao Brenda e benvenuta tra le pagine di Cherry Press. Apri un nuovo capitolo del tuo percorso artistico con "Catalogarmi". Raccontaci di questo nuovo progetto musicale.
Ciao! Sì, Catalogarmi è il mio ultimo singolo ma il primo di una lunga serie. La quarantena mi è servita molto per riflettere sulla mia identità artistica, ma perchè no, anche personale. Mi sono buttata sul lavoro e ho scritto davvero tante canzoni, forse troppe, così ho deciso di pubblicarne una al mese. Solo ora guardando la mole di lavoro mi rendo conto di quanto sia stata pazza questa scelta! Inoltre Catalogarmi l’ho scritta un anno e mezzo fa ormai, quindi sia per il periodo storico in cui siamo sia perchè è un pezzo della mia vita troppo importante per essere lasciato indietro, ho deciso di aprire le danze con questa canzone. Mie ero stancata di stare alle regole di mercato, di tempistiche, di genere musicale… Ho troppe sfumature per essere racchiusa in qualcosa. Quindi il mio progetto mostrerà proprio questo: le mie sfaccettature, ogni canzone sarà diversa dalla precedente.
Cito testualmente "VOGLIO GRIDARE AL MONDO CHE SIAMO PERFETTI COSI' COME SIAMO''. Raccontaci il tuo" grido".
È la frase che uso per descrivere che cosa rappresenta per me catalogarmi. Io sono mulatta, ma tanta gente non sembra accettarlo. Sia bianchi che neri cercano di mettermi in una o nell’altra categoria… La verità che nei miei geni coesistono entrambe le cose ma le persone cercano di darmi un’etichetta che possano approvare, che li faccia stare meglio. Parlo di quanto sia contorto questo modo di pensare: c’è chi discrimina coloro che hanno la pelle più scura, poi vanno a farsi l’abbronzatur. Questo avviene per tutti non solo tramite il razzismo, ma anche in situazioni di bullismo. Per questo nei giorni precedenti l’uscita di catalogarmi ho chiesto ai miei fan quando si sono sentiti riempire di pregiudizi da persone ignoranti (che ignoravano chi fossero veramente) e ho pubblicato le risposte in anonimo sul mio profilo instagram. Alcune risposte mi hanno spezzato il cuore. La verità è che le etichette ci fanno stare più tranquilli, ci fanno pensare di conoscere le persone attorno a noi. Io mi sono stancata di questo. Ho un nome e cognome e se mi vogliono conoscere gli servirà molto più di uno sguardo ai miei capelli “troppo ricci”.
Nel 2019 abbiamo potuto seguirti nel talent: "The Voice of Italy", arrivando in finale. Come ricordi la tua esperienza.?
Ricordo gioie, fatiche, ma anche qualche persona importante che è entrata a far parte della mia vita. Mi ha insegnato molto sul music business, su chi sono realmente e su quanto devo essere decisa nei miei obiettivi. Perchè se non sono io la mia prima fan, non lo sarà nessuno. Sono salita su quel palco sperando si girasse Cosimo e così è stato. Ha reso questa esperienza fantastica rivelandosi non solo una persona meravigliosa, ma anche un prezioso consigliere. È così è rimasto anche dopo il programma.
Sin da bambina ti appassioni alla musica. Ricordi come e quando nasce l' amore per la musica?
Io dico sempre che ci sono nata! Con la passione almeno, il talento l’ho dovuto coltivare e continuo a farlo. Ricordo tutti i pranzi preparati da mio padre e le cene da mia madre con un gran contorno di musica. Amavano generi diversissimi ma apprezzavano ognuno i gusti dell’altro. Se mi concentro sento ancora nell’aria il profumo di pollo fritto, la voce di mio padre che canta Luther Vandross e le sue mani che mi invitano a ballare con lui. È impossibile non innamorarsi della musica così. Poi ci siamo resi conto, io e la mia famiglia, che andava oltre una normale passione, quando imitavo le canzoni dei cartoni, mi ricordavo fraseggi melodici contorti e tutti i dettagli della produzione di un brano che ad un orecchio inesperto sarebbero stati impossibili cogliere… Succedeva senza che mi sforzassi, quindi ho iniziato a cantare tutti giorni dalle 2 alle 4 ore nella mia stanza, era una regola.
Seppur giovanissima, diventi corista per artisti del calibro di Zucchero e Tiziano Ferro. Cosa si prova e cosa lascia a una giovane artista come te un'esperienza così importante?
È un’emozione incredibile… Per il mio compleanno dopo la maturità mia madre mi accompagnò ad una lezione di Cheryl Porter che una settimana dopo mi chiamò per dire che serviva una corista in più per un programma televisivo incentrato su Zucchero. Non ci credevo. Lui era un mito per me. Ho cercato di essere calma e professionale al telefono, ma appena ho messo giù ho iniziato a piangere dalla felicità. Essere una corista mi ha insegnato cosa significa avere presenza scenica, la competizione, la precisione, ad imparare melodie e spartiti in pochi minuti… Ma vivevo ogni sfida, oltre che con lo stress ovviamente, con un’adrenalina che non avevo mai sentito. Ricordo la prima volta che ho cantato, sempre come corista, all’Arena di Verona… È stato il momento in cui mi sono resa conto che ero nata per fare quello, e ho giurato che sarei tornata lì, ma come solista.
Intervista a cura di Rosa Spampanato