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Andrea Barone: rinascita, il suo suono, la sua scrittura


“Reborn” è un disco di immersione personale per il producer e compositore Andrea Barone. Giunge alla scrittura o meglio alla raccolta di sue scritture, semine di un raccolto di vita che in qualche modo umanizza anche attraverso le voci di artisti con cui nel corso della carriera si è trovato a collaborare. “Reborn” ci riporta inevitabilmente dentro gli anni ’80 e ’90, dentro le belle suite internazionali di quello che è il pop in un’accezione grande, di stile, di spiritualità. Disco che quindi attinge e deve molto a grandi classici ma che riesce anche a mostrare una personalità formata e convinta. In luogo di tutto questo grande lavoro ci saremmo attesi un suono di maggiore ampiezza e potenza… ma forse anche queste finiture sono figlie di un tempo che non è quello moderno.


Che bella parola è rinascita. Per te in particolare che peso ha?
Quando ho scritto il testo del brano Reborn, mi è sembrato da subito che avesse il titolo perfetto per il disco, e in particolare per il primo disco solista. Avevo deciso finalmente di lavorare su brani esclusivamente miei, alcuni dei quali scritti vari anni fa, e che ho lasciato per troppo tempo nel cassetto. Quindi per me si è trattato di ritrovare parti di me stesso che avevo lasciato indietro, e di esprimerle in musica, con l’obiettivo che questo fosse solo un inizio per nuovi album da realizzare in futuro, anche magari esplorando altri generi. In generale, il concetto di rinascita mi ha sempre affascinato, come atto a volte necessario nella vita di chiunque. La vita a volte è dura, altre volte necessita di cambiamento, per cui bisogna imparare a reagire, a cambiare pelle e a trarne sempre il meglio. Sono concetti forse facili da esprimere, metterli in pratica invece non sempre è facile.

Che poi sembra un poco una soluzione a tanti problemi, forse una soluzione da codardi direbbe qualcuno. Eppure…
Non saprei dire se è da codardi, forse in qualche caso potrebbe esserlo, forse quando si fugge da qualcosa anziché affrontarla e superarla. Ma molte altre volte è necessario un gran coraggio per rinascere, nel voltare pagina, nel cambiare sé stessi e la propria vita. Io credo anche in una rinascita “quotidiana”, non per forza epocale, che consiste nel dare il meglio di sé ogni giorno, capire cosa va fatto e cosa non va fatto per migliorare il proprio benessere e la propria condizione, o quella di chi ci sta attorno, provare sempre a migliorare aspetti di sé anche apparentemente trascurabili, e farlo da subito. In musica, e nelle arti in genere, la dedizione quotidiana è fondamentale.

Nel suono di questo disco, proprio nella sua pasta sonora che tanto attinge dal passato, dove troviamo la rinascita?
Probabilmente soprattutto nei testi delle canzoni, più che nel sound, che attinge molto agli anni ’80 e ‘90. I testi raccontano di una rinascita da diverse angolazioni, e in diverse accezioni: rinascita personale e interiore nella title track Reborn, rinascita spirituale in Feel the wind, singolo uscito con un videoclip insieme all’album. In questo brano, come in altri, si racconta anche del potere della musica, e di quanto la musica stessa possa essere fonte ed espressione di rigenerazione. 
Poi c’è la rinascita sociale in Forever free, che racconta il riscatto di una donna emarginata. Rinascita umana in Mercy, che in un dialogo tra uomo e dio affronta il tema dell’ambiente. E rinascita sentimentale in Say goodbye, brano che richiama alcune rock ballad degli anni ’80 e ’90. 

Tante le voci scelte… qualcuna di queste ha meglio rivestito il concetto del disco più di altre? 
I brani hanno tutti un’impronta pop/rock melodico, ma le sonorità sono abbastanza variegate. Credo di aver scelto le voci più adatte per ognuno di essi, quindi non penso ci sia una singola voce che spicchi sulle altre nel rappresentare il concetto del disco, ma che invece ognuna lo faccia a modo suo. È stato un lavoro non facile trovare i cantanti che fossero adatti per ogni brano specifico, e ovviamente disponibili a collaborare, ma dall’altro lato è stato stimolante, e alla fine soddisfacente. Credo che quindi ogni voce abbia ben interpretato la rinascita nei vari significati che vengono toccati nel corso dell’album. Se devo citare un brano scelgo quello a cui tengo di più, la title track dell’album, Reborn. Credo di aver trovato in Frank Ranieri la voce più adatta per interpretarne testo e musica, uno slow rock nel quale ho riversato influenze di rock band inglesi che amo molto, come Pink Floyd, Radiohead e Porcupine tree. Pochi giorni fa è uscito il lyric video del brano, realizzato da Vittorio Citro, autore anche delle grafiche del CD.

Dal vivo questo disco? Sta accadendo qualcosa?
In realtà non ci sono live in programma, dal momento che questo disco è stato concepito come progetto in studio, e come un lavoro collettivo che coinvolgesse tanti musicisti. Sono circa una quarantina le persone coinvolte nell’album, tra cantanti, musicisti e tecnici. Quindi il progetto non prevede, almeno per il momento, una band stabile con la quale poterlo proporre dal vivo. Forse in futuro, magari quando per un prossimo disco mi orienterò più su una formazione stabile di pochi elementi, proporrò live anche i brani di quest’album.