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Intervista all'arpista italo-svizzero Raoul Moretti


Da mercoledì 9 marzo, a due anni esatti dall’inizio del primo lockdown, è disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download “LE INTERMITTENZE DELLA VITA”, il nuovo album strumentale dell’arpista italo-svizzero RAOUL MORETTI. E noi lo abbiamo intervistato per voi.

Ciao Raoul, benvenuto sulle pagine di Cherry Press! Sei uno degli arpisti più innovatori con una traiettoria artistica internazionale, ti sei esibito in oltre 20 Paesi in tutto il mondo e hai portato la tua arpa in differenti generi musicali. Ci racconti come ti sei avvicinato a questo strumento?
Ciao! E grazie a voi per lo spazio dedicato.  Mi sono avvicinato relativamente tardi all’arpa, a 15 anni. Suonavo il pianoforte e sono entrato in Conservatorio, all’epoca era prassi chiedere l’ammissione per più strumenti e mi fu suggerita l’arpa, che confesso, non conoscevo. E’ stato quindi non un amore a prima vista, ma un progressivo appassionarsi, conoscendo e studiando lo strumento.  Mi ha attratto il suono, mi ha incuriosito la sua storia e le tradizioni sparse in giro per il mondo, mi ha divertito essere uno dei pochi uomini in Italia, all’epoca, in ambito Conservatorio, a suonarla, mi ha stimolato la sfida di portarla al di fuori dell’ambito classe a dialogare con vari mondi musicali. 

In vent’anni di attività, dopo esperienze in ambito classico cameristico e lirico-sinfonico, hai collaborato con tanti artisti. Hai una collaborazione in particolare nel cuore?   
Non potrei scegliere, ogni collaborazione è stata uno stimolo ed una tappa fondamentale per crescere ed un arricchimento della mia conoscenza essendo state veramente di vario genere e tipologie.  L’artista che stimi o il nome famoso, con una carriera importante sono collaborazioni che, anche con una parola o una condivisione in sala di registrazione o in una improvvisazione sul palco, ti stimolano ancora di più. Le collaborazioni che fai nascere, in cui sperimenti, componi e crei il tuo suono, vivi immerso pienamente nel generare il progetto, sono gli ambienti in cui crei la tua cifra stilistica, la tua essenza ed indirizzano il tuo percorso. 

“Le Intermittenze della vita” è il tuo nuovo album strumentale.  Qual è stato lo spunto che ti ha portato alla realizzazione del disco?
Spesso a livello compositivo, partendo dal suono, associo nella mente anche immagini. Nel primo lockdown l’urgenza creativa è stata la salvezza, visto il blocco totale dell’attività. Non avevo in mente di realizzare un disco, ero reduce dal terzo disco solista IsolaMenti del 2019, ma avendo tempo mi sono messo a studiare, ricercare altri nuovi suoni per la mia arpa, ed ho iniziato a registrare qualche idea immaginandole per un film distopico che non esisteva. Via via il materiale è cresciuto e quello che stavamo vivendo, questo tempo “stra-ordinario”, era appunto realtà e non finzione. Per cui ho deciso di strutturarlo come un concept per raccontare gli stati d’animo vissuti in quell’anno. Ed ora a due anni esatti dall’inizio del primo lockdown ho deciso di farlo uscire. 

Perché hai scelto “Le Intermittenze della vita” come titolo del disco?
Ho parafrasato il titolo del romanzo del geniale Saramago, Le Intermittenze della morte.  Lì, in un paese, per un periodo si smetteva di morire, con tutte le conseguenze del caso.  Quello che abbiamo vissuto noi, è stata, invece, quasi una intermittenza nel nostro modo di vivere quotidiano, con lo stravolgimento delle nostre routine ed attività. Abbiamo vissuto come in un tempo sospeso, ancora adesso abbiamo una strana percezione del tempo quando ci riferiamo al 2020. 


Quali sono le cose di cui vai fiero di questo disco? 
La “pasta” sonora.   I suoni che ho ricercato, le tecniche non convenzionali che ho utilizzato sono confluite in modo funzionale nelle composizioni ed ho registrato e mixato tutto a casa con mezzi minimali, ma il risultato rappresenta il mio mondo musicale.  Questa resa sonora è il primo feedback positivo che mi sta tornando dagli addetti ai lavori.

Sappiamo che sei l’ideatore e il direttore artistico del Festival Internazionale Arpe del Mondo. Ce ne vuoi parlare.
E’ un piccolo ma grande festival.  Nasce proprio dalla mia visione a 360 gradi dell’arpa e dall’opera di diffusione sul territorio, dalla voglia di comunicare la sua versatilità.  Mediamente la visione che un pubblico ha è una versione stereotipata dell’arpa: strumento classico, angelico, femminile, rilassante, celtico...  E’ una caratteristica importante ma non è solo questa, l’arpa è uno strumento come tutti gli altri che può essere declinato in mille maniere e può frequentare tutti i mondi musicali. Il festival da 8 anni porta in vari Comuni della Sardegna artisti stranieri da tutto il mondo, che portano varie tradizioni e linguaggi di contaminazione ed innovazione attraverso vari tipi di arpe.  I concerti si svolgono in location eterogenee, dalle piazze alle chiese, dai teatri ai balconi, dai club ai luoghi di natura, grazie alla produzione dell’Ente Concerti Sardegna ed una rete a supporto di partner locali ed internazionali. 

Cosa ci riserverà la tua musica nei prossimi mesi? 
Spero tanta attività dal vivo, abbiamo bisogno di ripartire anche a livello locale, ma spero di ripartire presto anche con l’attività internazionale che avevo prima della pandemia. Ho pronto il nuovo concerto per arpa elettrica e visuals “Travelling colours” ed il concerto di world music “Animas” con il cantante Beppe Dettori, progetto che in questi anni ci ha riservato tante soddisfazioni a livello discografico, di premi e di critica. 

Grazie per la disponibilità. Lascio a te qualche riga per lanciare un messaggio ai lettori di Cherry Press!
Invito i carissimi lettori di Cherry Press ad incuriosirsi all’arpa, a scoprire quanta varietà può avere. Sono sicuro che potrebbero stupirsi!  Per partire ed avere una guida possono indirizzarsi al mio canale YouTube o alla mia pagina Spotify, dove ho creato delle playlist, per esempio, che propongono proposte alternative di vari arpisti.

Barbara Scardilli