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Memento Pianist si racconta


Un riff ossessivo crescente accompagna un testo che si articola accennando al mettere in discussione se stessi (le due parti del “me” lirico presenti nel titolo), agli affetti pronti a voltare le spalle ed alle conseguenti delusioni, alle convenzioni social(i) imposte, alla “condanna” della solitudine per chi non si adegua, alla falsità e all’opportunismo celato in alcune relazioni, all’omologazione nascosta dietro il velo dell’anticonformismo, alla declamazione di una parità dei sessi che, in determinati contesti, sfocia in deliberata volontà di prevaricare.
 
Ciao, benvenuto sulle pagine di Cherry Press! Raccontaci un po’ di te. Quando ti sei avvicinato alla musica?
Il mio primo ricordo nitido legato alla musica è la folgorazione musicale avvenuta per mezzo del brano “Ti amo ancora di più” di Riccardo Cocciante, canzone in grado di farmi rinchiudere nella mia cameretta all’età di cinque anni e riprodurre “ad orecchio” il brano con la mia pianola. Prima della “folgorazione” ho reminiscenze varie legate ai dischi presenti in casa e all’attrazione innata per il pianoforte. Da lì in poi, complici gli studi musicali con focus sempre sul pianoforte, è una storia d’amore che dura da oltre 25 anni.
 
Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo stile?
Ne potrei nominare tantissimi, vista l’eterogeneità a volte anche incoerente dei miei ascolti, ma scelgo le influenze più salienti: il primo Tiziano Ferro dal sound spiccatamente R&B, Rihanna, Gorillaz, Lana del Rey, per poi passare da gruppi come Pink Floyd, Verdena ed Arctic Monkeys con un’attenzione costante verso i cantautori come Vinicio Capossela, Samuele Bersani ,Paolo Conte, Vasco Brondi, fino a giungere a Margherita Vicario, Jorja Smith, Stromae, Marracash e Caparezza e ai progetti strumentali di Federico Albanese, Ezio Bosso e Robert Miles.
 
Tre aggettivi per definire la tua musica.
Vissuta, spiazzante, eterogenea.
 
Quale messaggio vuoi comunicare con il tuo nuovo singolo?
Il brano si basa su un riff ossessivo crescente che accompagna un testo sarcastico, nato come un moderno divertissement, articolato in vari episodi: ci sono riferimenti alla necessità di mettere in discussione se stessi (appunto, le due parti del “me” lirico presenti nel titolo), agli affetti pronti a voltare le spalle ed alle conseguenti delusioni, alle convenzioni social(i) imposte, alla “condanna” della solitudine per chi non si adegua, alla falsità ed all’opportunismo celato in alcune relazioni, all’omologazione nascosta dietro il velo dell’anticonformismo.
 
Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto… ma a cui avresti sempre voluto rispondere.
Qual è il tempo della vita più vicino alla felicità?
Ovviamente custodisco la risposta nella musica.
 
Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare ai lettori di Cherry Press?
Per quanto possa apparire banale e retorico, mi auguro che ogni lettore possa conservare la curiosità sul mondo (e sulla musica) e di preservare il proprio inviolabile diritto alla felicità. Ancor meglio se questa felicità è connessa in qualche modo alla musica ed al suo straordinario potere evocativo, consolatorio o indagatore.