"Simbolatria" è il titolo del nuovo album dei CABle21, esperta band genovese capace di lavorare e scrivere anche a distanza. In un'aura post punk, la band suona canzoni spesso oscure ma sempre ricche di sostanza. Li abbiamo intervistati.
I CaBle21 sono Gazza (chitarre e tastiere), Zilva (basso e mixing) e Orlenz (voce e tastiere). Io (Orlenz) e Gazza avevamo una band, i CAB (Coscienza Al Bando). Quando suonavamo c‘era grande energia e una comunicazione estremamente intensa. Il nome attuale si riferisce a quell‘esperienza (CAB), la elle e la e stanno per last edition e 21 è l‘anno in cui abbiamo ricominciato.
Lavorare a distanza significa non essere fisicamente in contatto. La musica è anche fisicità e questo ci manca. Però quando ci scambiamo i file c’è tempo per provare, ragionar. Puoi scegliere tu il momento in cui suonare e questo è un vantaggio. Questo è al momento il nostro modo di fare musica e quello che produciamo ci convince e ci emoziona.
Noi abbiamo un taglio sociale, io (Orlenz) e Gazza ci conosciamo fin da bambini e già allora volevamo comprendere quello che ci succedeva attorno. Adesso cerchiamo di dare suoni e parole a ciò che pensiamo di aver capito. Quello che ci guida sono le emozioni che ci determinano come esseri umani. Il filo tenue tra quello che percepiamo come positivo e negativo, cosa è nascosto tra le pieghe delle verità ufficiali, una sorta di controinformazione musicale.
Gazza oppure io abbiamo un’idea, può essere un riff o un testo e ci scambiamo i file finché non siamo convinti di quello che è uscito. Poi lo sottoponiamo a Zilva che aggiunge, commenta e critica e si occupa del mixing, suonando qualche volta il basso.
Sicuramente nei suoni si ritrovano gli ascolti che abbiamo fatto in tutti questi anni. Veniamo dal cosiddetto post-punk, siamo degli ascoltatori attenti e siamo pieni di musica che rimastichiamo secondo il nostro sentire, cercando di trovare una certa originalità.
Credo che ognuno di noi darebbe una risposta diversa. L’album è omogeneo, nel senso che non abbiamo un pezzo forte ed altri che servono a riempire. A me piace il messaggio di “Censimento del tempo”, perché la nostra vita affonda sempre più in un’orgia di archiviazione e documentazione che rendono il vissuto un’esperienza burocratica e non più emotiva.