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Dietro le quinte di "The Elephant in the Room": intervista a Gintsugi


"The Elephant in the Room" è un'espressione inglese che racconta di quegli argomenti enormi, che però nessuno vuole affrontare e perciò si fa finta di ignorarli: è anche il titolo del nuovo album di Gintsugi, artista italo-francese che abbiamo intervistato. 

Ciao Luna, da quale tipo di crisi nasce il tuo nuovo album?
Globale, che si ripercuote sul personale.

Come lo racconteresti a chi non l’ha ancora ascoltato?
Mi piacerebbe usare la frase di Anais Nin : "La mattina in cui mi sono alzata per iniziare questo libro ho tossito. Ho sentito qualcosa che usciva dalla mia gola: mi stava strangolando. Ho spezzato il filo che lo teneva e l'ho tirato fuori. Sono tornata a letto e ho detto: Ho appena sputato il mio cuore. Esiste uno strumento chiamato quena, fatto di ossa umane. Deve la sua origine all'adorazione di un indiano per la sua amante. Quando lei morì, lui fece un flauto con le sue ossa. Il quena ha un suono più penetrante e più struggente del flauto comune. Chi scrive conosce il processo. Ho pensato a questo mentre sputavo fuori il mio cuore. Solo che non aspetto che il mio amore muoia."

Ci sono cose che non rifaresti nel processo di composizione e realizzazione del disco?
Rifarei tutto. Forse sarei più esigente con alcuni take. Sono buoni, ma avrei potuto rifare più volte, con più intenzione. 

Di solito ti prende più tempo scrivere il testo o la musica di una canzone?
Scrivo tutto insieme :)

Che cosa ti piace e che cosa non ti piace della musica di oggi?
Mi piace tanta musica indipendente, non mi piace la maggior parte della musica mainstream, tranne alcune eccezioni.

Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali?
Agnes Obel, Satie, Placebo, PJ Harvey senza dubbio, Kate Bush, Diamanda Galas per la voce, in alcuni casi. NicoNote che è spesso la mia coach di canto.