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Ambradea: intervista alla carismatica artista


Ambradea è una giovane e carismatica artista che sta per pubblicare il suo nuovo album. Prima però lo ha anticipato grazie a "Statue di cera", singolo e video piuttosto singolare. Le abbiamo rivolto qualche domanda.

Ciao, ci racconti qualcosa di te?
Sono un’artista semplice, voglio il meglio.
Sono nata con una predisposizione all’arte, ma con un piccolo difetto, l’inconsapevolezza latente. Ho iniziato con il teatro, la prima forma d’arte che mi ha salvato la vita molto presto, verso gli 11 anni. Da lì mi sono letteralmente sdoppiata e usavo il palco per esprimere tutto ciò che nella vita reale rimaneva bloccato. Ero una bambina piuttosto smarrita, ma con grandi ambizioni. Questo non è mai cambiato. Poi sono arrivati il pianoforte, il disegno, la danza. E all’ultimo, il canto. E la consapevolezza, finalmente. Ho dovuto lottare molto, in primis con me stessa, per dare spazio a quella voce interiore che si insinuava tra i miei pensieri e che per fortuna ha vinto. Fuori rimango sempre una persona riservata, ma dentro di me faccio pazzie, che inevitabilmente finiscono nella mia musica e nella mia immagine. Mi sento complessa, mi piace essere criptica, magnetica e provocatoria quel tanto che basta per stuzzicare interesse nel saperne di più. Esibizionista sul filo, animo ribelle, creativa per vocazione. Come dicevo, sono un’artista semplice, voglio il meglio.
 
Cosa ti ha ispirato a scrivere questa canzone?
Volevo scrivere una sorta di ninna nanna ipnotica, un qualcosa che mi ricordasse le melodie da cui venivo attratta da bambina, richiami di carillon, ma con un tocco di magnetismo e inquietudine di fondo. Mi piacciono i contrasti, mi piace amalgamare un testo crudo su una musica dolce e viceversa. Trovo che i contrasti in generale vadano a smuovere qualcosa di più profondo all’interno dell’animo umano, un qualcosa che non riconosciamo subito, non sentiamo familiare, che spesso respingiamo, ma che ci appartiene. Avevo bisogno di scrivere su cose del passato che avevo lasciato irrisolte e lo volevo fare attraverso gli occhi e le sensazioni della bambina che ero stata.
 
Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere con la tua musica?
Scrivo sempre di rivalsa, di resistenza, di riscatto. Ho un debole per i puri di cuore, per i guerrieri e le guerriere. Il disco che farò uscire a marzo è letteralmente un disco per amare sè stessi. Semplice. Accettando la sofferenza, qualsiasi sia, si acquista il coraggio. Il coraggio di osare, di cambiare le cose, di pensare il più possibile con la propria testa. E’ questo il mio messaggio. Gli infiniti stimoli che ci circondano continuamente ci hanno disabituato a farci delle domande, purtroppo. Spesso siamo convinti di pensare con la nostra testa ma mi chiedo se sia sempre così. C’è questo stano bisogno di omologazione forzata, anche nell’arte, che sopprime invece la bellezza della diversità. Mi piace pensare di vivere le cose un pò controcorrente, di resistere. Voglio dedicare il giusto tempo per creare della bella musica, fare in modo che sia un lavoro dignitoso di cui mi ritenga soddisfatta e soprattutto artistico nel vero senso del termine e non fatto per arraffare consensi e bla bla bla.
È un duro lavoro, la resistenza al trend del momento, ma mi piace sempre pensare oltre.
 
Come è stata la tua transizione da frontwoman nel gruppo Ritmovies Best Movie Hits a un progetto solista?
Con i Ritmovies, o Ritz, come ci chiamavamo tra noi, abbiamo passato dei momenti fantastici insieme, ci siamo divertiti moltissimo e abbiamo preso ciò che di meglio c’era l’uno dall’altro. Poi come ogni cosa arriva il momento di fare il passo successivo, di evolversi. Ad un certo punto ho sentito l’esigenza di fare cose diverse, di dedicarmi a melodie e suoni più distanti da ciò che invece era il nostro repertorio. Stavo lavorando sul disco e avevo bisogno di concentrare tempo ed energie nel mio progetto. E come tutte le belle storie, è arrivata ad una fine. Siamo comunque rimasti in ottimi rapporti, anzi, i ragazzi sono sempre grandi sostenitori di qualsiasi mio progetto e li ringrazio infinitamente per questo.
 
Cosa ti ha spinto a scrivere e eseguire brani in inglese prima di passare all'italiano?
Non ero abituata ad esprimermi, in generale. Con l’inglese è stato più facile all’inizio perché creava una specie di maschera su ciò che scrivevo. Diciamo che lo ho usato inconsciamente un pò come schermo. Mi sentivo più al sicuro i primi tempi. Inoltre, le influenze musicali vissute in famiglia sono state per gran parte estere, quindi mi è venuto naturale. Poi le cose sono cambiate nel tempo ed ho sentito l’esigenza di essere diretta, di usare l’italiano. Ho superato delle mie barriere personali ed ho cominciato a mettere allo scoperto ciò che avevo veramente da dire. Continuo comunque a scrivere anche in inglese, in parallelo, perché ammetto che su certe cose mi permette di sperimentare un po’ più a fondo certi suoni e certi contesti.
 
Come vedi il tuo futuro in musica?
Sono una che ama esplorare continuamente, quindi sarà l’evoluzione di ciò che sono ora. Ho approcciato da poco nel mondo degli arrangiamenti ma sono piena di idee, vorrei creare un sound ed uno stile che sia riconducibile a me ed al mio modo di fare la musica. Il disco che farò uscire a marzo è il primo progetto creato interamente da me per quanto riguarda musica, testi e gran parte degli arrangiamenti. Ho fatto un esperimento e mi ritengo molto soddisfatta. Per il futuro si tratterà di affinare sempre di più le mie competenze e continuare a produrre musica, trattando dei temi in cui credo e trovare persone che abbiano il piacere di ascoltarmi davvero, a cui la mia musica possa essere d’aiuto.