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Angel Olsen a TODAYS Festival 2020


Dopo l'annuncio dell'unico concerto italiano della icona GRACE JONES che suonerà il 28 agosto a Torino, TODAYS è felice di annunciare un'altra musa indie fuori dal tempo ANGEL OLSEN.
La cantautrice che orchestra i sentimenti, obliqua, magica e anacronistica, tremendamente sospesa è una universale eroina riconosciuta tra le artiste più importanti in circolazione. Già headliner nei più importanti festival dell'anno da Roskilde al Lowlands, salirà sul palco di TODAYS venerdì 28 agosto per un concerto sontuoso, epico, orchestrale!

VENERDÌ 28 AGOSTO 2020
sPAZIO211 open air mainstage
Parco Sempione, Via Francesco Cigna 211 – Torino (It)
apertura porte: ore 17:30/ inizio concerti: ore 18

Quello della discesa nelle tenebre è un tema ricorrente e sempiterno, che ritroviamo costante nel tempo, attraverso la storia, la letteratura e il cinema: il protagonista si tuffa, e sprofonda sempre di più. E sopra di lui l’abisso. E poi c’è una scala bianca che sale sempre verso l’ignoto, ogni gradino, ogni curva, richiede più audacia e più sicurezza rispetto a quello precedente.

È questo il viaggio di Angel Olsen.

Partita da un folk sognante e introspettivo, la cantautrice del Missouri ha saputo ritagliarsi in breve tempo uno spazio originale imponendosi come una istituzione del cantautorato femminile a stelle strisce. Merito di una vocalità magica e di un eclettismo notevole, che spazia dal twee-pop dei 60's al garage, dalla tradizione country al più vitale indie-rock.

L'arte della Olsen si presenta densa, imponente, un torrente lirico capace di piegarsi a ogni singola sfumatura emotiva, supportato da una delle voci più caratteristiche e versatili dell'ultimo decennio.

Angel Olsen nasce il 22 gennaio 1987 in quell'antico baluardo sudista sulle rive del Mississippi, nel profondo Sud degli States. A tre anni viene adottata da una famiglia affidataria che si era presa cura di lei da poco dopo la sua nascita. Il rilevante scarto di età con i genitori le lascerà un segno profondo: "Poiché ci sono così tanti decenni di differenza tra noi, mi sono interessata a come era la loro infanzia - ha raccontato Angel - Ho fantasticato su come fosse essere giovani negli anni '30 e '50, più degli altri bambini della mia età".

Ai tempi del liceo, si appassiona ai concerti di gruppi punk e noise e comicia a scrivere la propria musica con pianoforte e chitarra. Due anni dopo essersi diplomata alla Tower Grove Christian High School, Olsen si trasferisce a Chicago e nella windy town cerca di farsi largo tra le nutrite schiere della scena indie. È però un incontro a far svoltare l'intera carriera della Olsen: quello con Will Oldham, ovvero sua maestà Bonnie "Prince" Billy, guru del cantautorato indie-folk americano, che intuisce subito le potenzialità di quell'affascinante e sfrontata fanciulla dalla frangetta scomposta alla Françoise Hardy.

Il suo nome comincia a circolare con insistenza, tanto che è la rinomata Jagjaguwar a pubblicare il suo secondo album: Burn Your Fire For No Witness (2014) che segna un'ulteriore tappa nel processo di affrancamento della Olsen dalle scarne ballate folk degli esordi.
Prodotto da John Congleton (Bill Callahan, St Vincent) e composto dalla cantautrice e chitarrista di St. Louis per la prima volta in versione full-band, l'album nasce da una sessione piuttosto vivida e istintiva: dieci giorni di fuoco nella chiesa sconsacrata di Echo Mountain ad Asheville, in North Carolina, insieme al batterista Josh Jaeger e al bassista Stewart Bronaugh.

Due anni dopo è la volta di My Woman (2016), terzo album a nome Angel Olsen, che si muove verso uno stile decisamente più classico, in un delicato equilibrio con la proposta idiosincratica dell'americana. Ambizioso anche l'obiettivo delle liriche che, uscendo definitivamente dall'asfittica dimensione autobiografica degli esordi, si aprono a un vero e proprio "commentario" sull'essere donna oggi, con un taglio personale e anticonvenzionalmente femminista, nel quale convivono dolore e speranza, furore e lucidità.

 Nel 2017 a un anno di distanza esce Phases che segna un momento di riflessione, di quiete e di intimismo dopo l’anno frenetico dell’uscita di My Woman, unanimemente considerato come una delle uscite migliori dell’anno. Contiene una selezione di b-side, demo e brani inediti, e include alcune canzoni provenienti dal lontano passato della cantautrice, inclusa l’inedita Special, registrata nel corso delle session per il precedente My Woman.

Nella raccolta sono presenti, inoltre, il brano Fly On Your Wall composto per la compilation anti-Trump Our First 100 Days, e alcune versioni alternative dei brani contenuti in Burn Your Fire For No Witness (2014). Angel Olsen, da molti definita come la Regina dell’indie folk americano, è diventata uno dei nomi di punta della scena indipendente USA, un’artista con uno stile influenzato tanto dal folk rock, quanto dall’indie e dall’alternative rock degli anni ’90.

Pubblicato lo scorso 4 ottobre sull’etichetta Jagjaguwar, “All Mirrors” è il quarto album della songwriter americana che, dopo quasi dieci anni di brillante carriera, non ha di certo bisogno di essere “consacrata” come una delle artiste più importanti in circolazione.

Il suo ultimo album è stato semplicemente considerato all’unanimità da pubblico e critica come uno dei dischi più belli del 2019, ricevendo recensioni positive dalle più importanti testate musicali e piazzandosi in cima alle classifiche di genere e non.

È un lavoro immenso, complesso, orchestrale, che insieme alla parola “sontuoso” sembrerebbe essere quella più gettonata nelle recensioni per (provare a) tracciare delle linee, dei contorni, a questo lavoro la cui bellezza non è mai del tutto afferrabile.

Quello della Olsen è un volo sia verso l’alto che verso l’interno, in una dimensione introspettiva. Riflesso di una separazione dalle conseguenze non proprio edificanti, All Mirrors è il disco che tramuta quell'esperienza in una magniloquente riflessione sul lato oscuro che si impossessa delle nostre personalità, sul cambiamento e sulle incertezze che ad esso si accompagnano, dotandosi di un linguaggio fastoso, drammatico, che sfrutta al meglio il suggestivo impianto orchestrale, per un disco letteralmente "larger than life".
Un effettivo punto di snodo, in un percorso gia ricco di momenti di rilievo, in cui l’artista ricalibra il suo approccio alla scrittura e alla produzione inaugurando una nuova fase artistica, più matura e consapevole. Sontuoso, epico, orchestrale: il nuovo disco dell’artista statunitense proietta il suo sound in un presente cupo che parla con toni drammatici il linguaggio di un pop vintage e, allo stesso tempo, affascinante.

Nel processo di creazione di questo album, ha trovato un nuovo suono e una nuova voce, un'esplosione di rabbia mescolata all'auto-accettazione duramente conquistata: “Sembra come se parte della mia scrittura fosse tornata da qualche punto nel passato, mentre un’altra parte di essa fosse ancora in attesa di esistere” dice.
C’è sempre quel particolare vibrato, sempre così vicino - le frasi semplici e fluide solo all’apparenza, che a un certo punto si espandono diventando enormi idee sull’incapacità di amare e sulla solitudine universale. Ed ecco che qui, all’improvviso, si levano questi mastodontici arrangiamenti di synth e corde come un’apocalittica onda anomala. “Questo disco, da qualsiasi punto di vista in cui lo si guardi” dice la Olsen “dalla realizzazione, ai testi, a come ho affrontato personalmente la sua stesura, riguarda la presa di coscienza del proprio lato più oscuro.”
È stato concepito come un disco solista back-to-basics, registrato con il produttore Michael Harris ad Anacortes, Washington. Appena completato però, nella sua mente iniziò ad aleggiare una versione più ambiziosa di quella appena scritta. Evoluzione che si deve al lavoro del produttore John Congleton, l'arrangiatore Jherek Bischoff, il musicista / arrangiatore Ben Babbitt e un'orchestra di 14 strumenti.

Vederla dal vivo sarà un’esperienza totalizzante, distruttiva e rigenerante, tra l’angoscia e la beatitudine, lasciandoci ammaliare e condurre da Angel Olsen nelle profondità del suo abisso.