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Each Our Noise: danze metropolitane, tra cemento e visioni parallele


Un duo che ormai incontriamo spesso nelle cronache discografiche, nato nel 2009 dalla mano di Emanuele Stocco e Melissa Conte. La dancefloor non è tanto un genere quanto un modo di pensare al ritmo e alla scrittura, un modo di rendere l’estetica del suono portatrice di sentimenti sospesi, quasi eterei, decisamente visionari. “Metropolitan Dancefloor” è il quarto disco di inediti degli Each Our Noise, una pubblicazione che racchiude ben 18 brani di cui la rete ci regala il singolo “Avventura” con il video diretto da Enrico Stocco. Scontrarsi con un modo parallelo di vivere la vita, di pensare a se stessi… visioni altre di un quel che vorremmo o quel che potremmo essere. Il ritmo in qualche modo ci porta dentro tutto questo…

Nuovo disco per gli Each Our Noise. Siamo in bilico tra la vita metropolitana e quella glamour di suoni dance. Potremmo dirlo un Urban Dance in qualche modo o sbaglio?
Questa volta abbiamo sentito la necessità di contestualizzare il nostro progetto in una dimensione più reale, qualcosa che le persone potessero capire con facilità e magari dare a qualcuno la possibilità di poter ritrovare quella piccola parte di sé stessi lasciata nel dimenticatoio, che aspetta le giuste vibrazioni per uscire. In questo caso diciamo che sì, Urban Dance come definizione ci piace.

“Avventura” è questo primo singolo. La vita è un’avventura… La vostra ricetta per affrontarla al meglio?
Voglia di fare, migliorarsi e cercare ispirazione ogni giorno sono le principali caratteristiche. 
Ovviamente un’avventura come la vita è fatta di alti ma anche di bassi per cui un altro ingrediente fondamentale è avere le spalle larghe, tenacia e determinazione, rialzarsi sempre e andare avanti. Infine, perché no, anche un po’ di fortuna non guasta mai.

Quando penso a voi, anche ascoltando questo disco, penso molto ai colori accesi. Secondo me, anche guardando la copertina, non parliamo di un ingrediente secondario o sbaglio?
È corretto! È stato molto interessante il processo creativo che ci ha portato alla realizzazione di una copertina che potesse rappresentare in modo efficace un disco di 18 tracce. Ci serviva qualcosa di vivo come le periferie delle grandi città, un tipo di arte che si può tranquillamente incontrare ogni giorno intorno a noi…Basta solo saper guardare e nel nostro caso anche ascoltare, per questo abbiamo coinvolto BongoTee, un bravissimo writer della zona e gli abbiamo proposto di collaborare al progetto. Così ne è uscita una copertina ricca di colori forti e dalle intenzioni decise, un titolo che ha voglia di farsi guardare.

E poi facciamo un cenno a questo disco di ben 18 tracce… davvero tante. Se con il suono rispettate ampiamente un cliché discografico, con un album di 18 tracce siete davvero fuori da tanti schemi. Cosa ha determinato questa scelta?
Le prime canzoni di questo disco sono nate un paio d’anni fa, il progetto poi è stato sospeso e quando l’abbiamo ripreso in mano ne siamo stati letteralmente travolti e abbiamo composto quasi una canzona dietro l’altra. Il lockdown ci ha fermato nuovamente e al nostro rientro abbiamo prodotto gli ultimi brani dell’album. Queste 18 canzoni, quindi, sono il risultato di varie fasi del nostro percorso e della nostra crescita. La necessità di raccontarci, di trasmettere le nostre sensazioni e i nostri stati d’animo, di condividere i nostri pensieri e le nostre esperienze.

Tornando al titolo del disco: “Metropolitan Dancefloor”… Eppure oggi le città piano piano stanno lasciando il posto ai piccoli centri dove il rifugio è garantito. Cosa ne pensate?
Noi abitiamo in un piccolo paese per cui sappiamo bene che qui troveremo sempre un rifugio sicuro, abbiamo scelto questo titolo proprio perché molte volte vorremmo avere più spazio, in tutti i sensi, e questo ci ha portato a pensare e ad atterrare nella nostra dancefloor metropolitana.
È un luogo dove ognuno può sentirsi comunque a casa, dove può pensare, dire e fare quello che vuole, un porto sicuro dove andare quando si ha voglia di scappare se ci si sente troppo stretti.