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Gabriele Masala: il nuovo disco con Enrico Ruggeri


Eccolo il nuovo disco del cantautore sardo Gabriele Masala, disco che questa volta vede la pregiata firma nei testi inediti di un grande come Enrico Ruggeri. E dunque la musica intessuta da Masala restituisce al tutto un gusto pop-rock d’autore assai raffinato: “Avevamo ragione” in fondo si prende anche un bel rischio con sventagliando un titolo assai presuntuoso. Ma non è presunzione: l’ascolto dolce ed elegante dimostra maturità, dimostra un senno del poi misurato e coerente. Credibile il tutto anche se ormai certe “antiche” soluzioni pop rischiano davvero di ripetersi. Nonostante questo, altro rischio non da meno, Masala porta a casa un lavoro che tanto ci invita alla riflessione.

Un titolo importante… prima domanda: su cosa avevamo ragione? O avevate…
Il titolo non è altro che una provocazione. Mi piace l’idea di portare a riflettere l’ascoltatore, o magari rifletterci assieme, e provocare in lui una reazione. Lo stimolo che abbiamo provato a dare con “Avevamo ragione” è di sviluppare un senso critico, di porsi delle domande, non dare tutto per scontato, cercare di scavare per capire il mondo che ci circonda.  

E una volta presa coscienza di questa ragione? Pensi sia utile per il futuro? Oppure è solo un gesto di rivalsa?
Prendere coscienza di qualcosa è un ottimo punto di partenza, non ho la pretesa di avere ragione su nulla, chi ha la verità in tasca? Non c’è neanche rivalsa nei confronti di nessuno, se non, forse, di quei pochi eletti che, come direbbe Orwell, decidono le nostre sorti standosene ben nascosti. Quello che ci serve per il futuro è solo un po’ di cultura in più, un approccio più umano verso le cose.
 
Nei testi di Enrico Ruggeri ti sei ritrovato? C’è il modo anche di sentirli un poco anche tuoi? E come?
Conosco i testi di Ruggeri da più di trent’anni e penso di conoscere anche il suo pensiero. Mi sono sempre ritrovato e riconosciuto nei suoi concetti, nelle sue idee, gli invidio (bonariamente) anche la sua capacità narrativa e descrittiva. I testi che mi ha donato li sento molto vicini, uno avrei potuto addirittura scriverlo io (La fine dell’impero), tanto somiglia al mio modo di pensare. 

 
Parlando invece del suono: come hai scelto le melodie da dare ai singoli testi? Oppure sono nate prima le melodie?
Sono nati prima i testi e poi le melodie. Parto dal concetto che l’ambientazione di un brano è data dal contenuto letterario, di conseguenza ci costruisco sopra una melodia che possa aiutarlo a venir meglio fuori. Dopo aver musicato le parole decido che tipo di vestito (arrangiamento) metterci sopra, anche quella è una fase delicata e decisamente creativa. Se una canzone funziona bene eseguita solo con chitarra e voce, l’arrangiamento sarà abbastanza naturale e spontaneo; è invece difficile quando un brano ho poca spinta di suo ed ha bisogno di parecchio aiuto esterno.

La canzone d’autore oggi trova molto spazio dentro il suono digitale e derive anche esteticamente “povere” e semplici. Si sta perdendo la parola impegnata. Secondo te si recupererà questo come metro di valutazione?
Purtroppo, grazie alla fruizione praticamente gratuita della musica, c’è, soprattutto da parte dei giovani, una totale mancanza di rispetto nei confronti di chi prova comunque a proporre idee e contenuti. Sino a vent’anni fa venivano riconosciute alla musica le dovute attenzioni, oggi purtroppo assistiamo ad un appiattimento culturale. Il fatto stesso di poterne usufruire gratuitamente svilisce l’opera e le toglie i dovuti riconoscimenti, anche quelli economici ovviamente.