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Tra cronaca nera e divario sociale: “Omicidio a Cortelle” il nuovo romanzo di Domenico Arezzo

 

Benvenuti, lettori, in questa affascinante incursione nel passato attraverso le pagine di "Omicidio a Cortelle", l'ultimo romanzo di Domenico Arezzo, appena pubblicato da CTL Editore e già disponibile nelle librerie e negli store online. In questa intervista esclusiva, ci addentreremo nei meandri della mente creativa di Domenico Arezzo, esplorando il suo processo di scrittura e la profondità del contesto storico che ha ispirato "Omicidio a Cortelle". Un'opportunità unica per scoprire i segreti dietro la creazione di un romanzo avvincente che cattura l'essenza di un'epoca passata, mescolando abilmente il noir con la ricchezza dei dettagli storici.
 
Come è nata la tua passione per la scrittura? C'è stato un momento specifico che ti ha spinto a diventare uno scrittore?
La passione per la scrittura era insita in me da che ne ho memoria, ricordo che da studente della scuola elementare mettevo per iscritto le mie emozioni anche quelle che sembravano le più banali. La passione per la scrittura l’ho davvero scoperta quando è sfociata in un traguardo importante: il primo premio nazionale conferito a un mio elaborato redatto per i primi quarant’anni della Repubblica Italiana; questo premio letterario, indetto nel 1986 dall’associazione “combattenti e reduci”, fu promosso a tutte le scuole d’Italia. Dopo aver ricevuto onorificenze e premi non sono riuscito a consapevolizzare questo talento, mi sono laureato in economia e commercio e ho esercitato la professione di consulente aziendale fino al compimento dei miei primi 53 anni. La consapevolezza della passione per la scrittura è maturata con la pubblicazione nel 2021 delle prime due opere: “la casa nella valle” horror psicologico e “omicidio rosso sangue” giallo storico.
 
Parlando del tuo processo creativo, come sviluppi i personaggi delle tue storie? Hai un approccio specifico o segui un processo organico durante la scrittura?
Se per processo organico s’intende un percorso che tiene in considerazione: la trama, il protagonista, l’antagonista, i conflitti e il messaggio allora sì potrei asserire che seguo un processo organico che ha un po’ a che fare con la progettazione. Tengo a precisare che non progetto mai le singole scene che rappresento o i personaggi minori, ma traccio un progetto di massima e non di dettaglio; faccio lo scrittore e non l’ingegnere. Alcuni spunti di vita vissuta o raccontata mi spingono a inquadrare il romanzo in un particolare contesto socio-culturale, storico e ambientale, così nasce l’idea della trama in un preciso spazio, tempo e con dei personaggi. Questi ultimi li caratterizzo e cerco di renderli umani con abilità, difetti, vizi e loro stessi, in autonomia, diventano capaci di evolversi e trasformarsi anche a seguito dell’interazione con gli altri.  
 
Hai un genere preferito in cui ti trovi particolarmente a tuo agio scrivere, o ti piace esplorare diverse sfaccettature della narrativa?
Parto da un dato di fatto caratterizzato da tre sfaccettature: mi piace lo studio della storia, tanto che avrei voluto frequentare la facoltà di storia di Bologna ma poi mi sono laureato in economia e commercio a Roma; mi affascina l’avventura e il mistero, tanto da essere appassionato lettore di libri gialli; m’interessa l’animo umano e in particolare l’analisi introspettiva. Così nel seguire questi tre interessi mi sono ritrovato a scrivere storie ambientate in epoche passate che prendono il via con un’azione criminosa e che si snodano in uno specifico periodo storico complesso come quello della Sicilia di fine ‘800.  Il giallo storico è diventato il mio genere preferito ma non disdegno il thriller psicologico.
 
Qual è il messaggio principale che speri di trasmettere ai lettori attraverso "Omicidio a Cortelle" e i tuoi romanzi precedenti?
Il principale messaggio dei due ultimi romanzi è quello della ricerca della verità contro ogni facile accomodo, contro il volere dei potenti, contro l’ordine dei politici di chiudere il caso in fretta. In particolare su Omicidio a Cortelle Nenè, il protagonista, cerca la verità anche a costo di veder aumentare il numero dei suoi nemici, di rischiare per la sua incolumità, di incappare nella censura da parte del capo redattore; la ricerca con sapienza, senza strafare e rischiare di bruciarsi, con la consapevolezza che a volte alcuni fatti non si potranno mai dimostrare per ottenere giustizia. Non a caso la frase sulla quarta di copertina recita così: «nessuno è proprietario della verità e se qualcuno riesce a comprenderla non sempre può divulgarla».
Nel mio primo romanzo “la casa nella valle” il protagonista cerca la verità, ma non riesce a trovarla perché sbaglia strada e non si rende conto di chi è realmente e dei suoi continui errori.
 
Infine, cosa vorresti che i lettori ricordassero di più dei tuoi romanzi? Qual è il tuo obiettivo principale quando qualcuno legge una tua storia?
Partiamo dal presupposto che dedico i miei romanzi ai lettori e alle lettrici, quando scrivo una storia penso sempre a chi la leggerà, per questo mi prendo cura del testo per renderlo quanto più possibile scorrevole e d’impatto. Con il lettore percorro vie, attraverso ponti, m’inoltro nei boschi, sento il profumo degli eucalipti, cerco indizi, scopro assassini, mi scontro con i tratti caratteriali dei personaggi, vivo in un contesto storico particolare. Vorrei che il mio lettore diventasse parte attiva del romanzo, s’immergesse in ogni scena, in ogni dialogo, in ogni singola battuta, si entusiasmasse sempre e non si annoiasse mai. In definitiva vorrei raggiungere l’obiettivo di far vivere al lettore una nuova vita che è quella raccontata nella storia e che con sé porta sempre un messaggio finale.