In "Don Chisciotte", Larossi abbandona l'armatura dell'illusione romantica per abbracciare una consapevolezza cruda e poetica. Attraverso simboli come le tazze rotte e le luci fioche dei lampioni, l'artista dipinge un ritratto universale di lotta interiore e rinascita. Le melodie avvolgenti accompagnano un viaggio emotivo sincero, trasformando il peso del passato in un trampolino per un nuovo inizio. Con determinazione, Larossi canta un inno alla libertà di essere sé stessi, trasmettendo un messaggio potente di resilienza e autenticità.
“Don Chisciotte” racconta una lotta interiore che diventa un atto di liberazione. C’è stato un momento preciso in cui hai sentito la necessità di scrivere questa canzone?
Sì, è nata in un momento in cui mi sono accorta che stavo sprecando energie a inseguire ideali o relazioni che non mi appartenevano più. Era come se stessi combattendo contro qualcosa che in realtà esisteva solo nella mia testa. Don Chisciotte è stato un modo per fermarmi, guardare quei mulini rappresentati nel video da dei ventilatori e dire: “Basta. Ora scelgo di non combattere.”
Nel brano scegli di non combattere battaglie perse. Quanto è stato difficile per te, nella vita reale, riconoscere quali guerre non valevano più la pena di essere combattute?
Molto. Spesso ci affezioniamo anche alle nostre lotte, ci fanno sentire vivi o giusti. Ma a un certo punto ho capito che certe battaglie mi stavano solo svuotando. Riconoscere quando lasciare andare è un atto di grande lucidità, e anche di amore verso se stessi.
Le immagini quotidiane che usi – le tazze rotte, le notti sul divano – sono estremamente evocative. Come scegli i dettagli che poi trasformi in simboli universali?
Scelgo sempre cose semplici. Piccoli gesti, oggetti quotidiani che hanno avuto un significato emotivo in momenti precisi della mia vita. Credo che più si parte dal personale, più si riesce a toccare qualcosa di universale.
Cantare “Vaffanculo, arrivo” è un gesto forte e liberatorio: com’è cambiato il tuo modo di vivere le emozioni da quando hai iniziato a scrivere musica?
Scrivere musica mi ha insegnato a non avere paura della mia voce, in tutti i sensi. Prima tendevo a reprimere molto, oggi invece uso la musica proprio per dire quello che non riuscirei a dire in altro modo. È come se mi permettesse di essere intera.
Se pensi a chi ti ascolta per la prima volta con “Don Chisciotte”, quale messaggio vorresti che rimanesse più impresso?
Che mollare non è sempre una sconfitta. A volte, smettere di combattere è il primo passo verso una forma più vera di libertà.