AEntropica è un progetto nato durante il primo lockdown del 2020, ma sarebbe riduttivo circoscriverlo a quel contesto d’origine. Il disco d’esordio, Stagioni Asincrone, si sviluppa lungo un arco temporale ampio, raccogliendo idee e composizioni nate anche molti anni prima, poi rielaborate, integrate, completate. Ne risulta un lavoro stratificato, che riesce a mantenere una coerenza interna pur affrontando tematiche e linguaggi differenti.
Al centro del progetto ci sono due autori: Valentina Mariani, poetessa e percussionista, che presta parole e voce, e Carlo Olimpico, musicista autodidatta, responsabile delle musiche e della produzione. Il risultato è un disco che intreccia minimalismo elettronico, rock, trip-hop, new wave e spoken word, senza mai smarrire l’intento narrativo. Stagioni Asincrone parla di trasformazione, spaesamento, ricerca, memoria, ma lo fa con un linguaggio che resta accessibile, privo di eccessi e gratuito ermetismo.
In questa intervista con AEntropica cerchiamo di capire come nascono i brani, quale visione del mondo e dell’arte anima il progetto, e che significato ha, oggi, per due artisti indipendenti, continuare a investire in un discorso musicale così personale. Ne emerge un dialogo autentico, ricco di spunti anche per chi ascolta da fuori.
Come è nato il vostro progetto?
La lavorazione è stata lunga, con alcune basi strumentali nate più di 20 anni fa. Il lockdown del 2020 ci ha permesso di completare il progetto, che ha finalmente visto la luce in questi giorni.
Quali influenze musicali vi ispirano?
Ascoltando il disco si percepisce il carattere eterogeneo delle ispirazioni musicali. C'è un gruppo di canzoni di chiara matrice synth alla Battiato. Un altro gruppo di brani rientra indubbiamente nel filone della new wave e dell'indie di italica memoria (Diaframma, Litfiba, Baustelle, ecc,). Un paio di canzoni, infine, fanno evidentemente riferimento alla grande tradizione cantautorale italiana (De Gregori). Ci sono anche riverberi di combat rock, un po’ alla Disciplinatha (“Esuli) e “La sete” evoca lo shoegaze.
Qual è stato il brano più difficile da produrre tecnicamente?
Certamente Virginia, in quanto è il brano per il quale Carlo aveva immaginato di inserire un assolo di chitarra elettrica, realizzare il quale ha richiesto la partecipazione dell'amico Fabrizio Ferraro.
In che modo la musica può essere strumento di cambiamento sociale?
Oggi il rock non è più centrale, ma la nostra idea è quella di creare un ponte temporale con la stagione d'oro dai cantautori e del rock nella musica italiana. E, andando anche oltre il rock, riteniamo che la musica resti un linguaggio universale, Ed è proprio all’universale, partendo dal nostro particolare e dalle nostre soggettività, che ci piace pensare di ispirarci e a cui piacerebbe tender, per costruire un nuovo spazio del possibile collettivo, andando oltre gli individualismi sofferenti di quest’età post-contemporanea.
Che tipo di domande volete sollevare con i vostri testi?
Temi politici e sociali risuonano con forza nelle nostre canzoni. Tuttavia, "Stagioni Asincrone" è soprattutto un viaggio interiore, un intreccio circolare tra il nostro sentire individuale e le dinamiche del mondo. Ci piace il metodo induttivo, per usare un’espressione di antichi ricordi di studi di gioventù! Per concludere, di sicuro introduciamo chi ascolta alla complessità del mondo e alla varietà delle istanze, tentando di portare la storia nella realtà individuale e il racconto nel possibile divenire comune e condiviso.