Nati in piena pandemia, i Monroe sono la dimostrazione che anche nei momenti di isolamento più profondo possono nascere connessioni potenti. Il loro progetto musicale prende vita nel 2020, quando la distanza fisica diventa parte integrante del loro processo creativo. Costretti a confrontarsi con schermi e invii digitali, i Monroe affinano una scrittura intensa e autentica, capace di superare le barriere e trasformare ogni melodia in un’urgenza condivisa.
Il loro nuovo singolo Milano Budapest rappresenta una tappa fondamentale in questo percorso: un brano pensato per essere vissuto dal vivo, capace di connettere il lavoro in studio con l’energia dei concerti. E proprio come la loro musica, anche le esperienze personali di ciascun componente — tra poesia, letteratura e passaggi televisivi — si fondono in un’identità collettiva ricca e sfaccettata.
Abbiamo intervistato i Monroe per parlare di Milano Budapest, della loro visione artistica e dei sogni futuri, tra città reali e luoghi immaginari dove la musica può continuare a viaggiare.
Siete nati nel 2020, in piena pandemia, e avete costruito la vostra musica a distanza: quanto questa modalità ha influenzato il vostro modo di scrivere?
La nascita del nostro progetto nel pieno della pandemia ha sicuramente lasciato un'impronta indelebile sul nostro processo creativo. Lavorare a distanza ci ha spinto a sviluppare una comunicazione più chiara e diretta, ma anche a sperimentare strumenti e modalità che forse non avremmo esplorato in circostanze normali. La distanza, paradossalmente, ci ha avvicinati emotivamente: ogni idea condivisa, ogni melodia inviata, aveva un peso maggiore, un'urgenza più intensa. Questo modo di lavorare ci ha insegnato a valorizzare ogni dettaglio e a costruire un linguaggio musicale che fosse autentico, nonostante le barriere fisiche. Oggi, anche quando possiamo incontrarci di persona, portiamo con noi quella sensibilità e quell'attenzione nate in un periodo così particolare.
Che tipo di legame c’è tra la vostra esperienza live e la vostra produzione in studio? “Milano Budapest” nasce con l’idea di essere suonato dal vivo?
La connessione tra la nostra esperienza live e la produzione in studio è molto forte e intenzionale. Cerchiamo sempre di portare l'energia e l'autenticità del palco dentro le tracce che registriamo, mantenendo una coerenza tra i due mondi. "Milano Budapest" è nata con l'idea di essere un ponte tra questi due aspetti
Ognuno di voi ha un background ricco e variegato, dalla letteratura ai talent show: in che modo questi percorsi personali si intrecciano nei Monroe?
Ognuno di noi porta nel progetto Monroe un pezzo della propria storia personale, creando una combinazione unica di esperienze e influenze. La poesia e la scrittura, ad esempio, ci ispira nell’esprimere emozioni nei testi, creando profondità e significato, mentre il background nei talent show ci ha insegnato a gestire la pressione e a connetterci con il pubblico. Questi mondi apparentemente distanti si fondono in una sinergia creativa.
Dopo “Milano Budapest”, in quale direzione volete portarvi musicalmente? State già lavorando a un nuovo progetto?
Abbiamo molte idee in mente, molti brani nella nostra valigia, il viaggio sarà difficile, tortuoso, ma sicuramente emozionante. Ma a dir la verità non abbiamo ancora deciso quale sarà il prossimo singolo. Viviamo il momento, sarà il tempo a darci le risposte.
Se poteste portare la vostra musica in una città del mondo, quale sarebbe la vostra “prossima Budapest” e perché?
Io penserei ad una città che offra un mix perfetto di arte, storia e un’atmosfera intima che si possa sposare bene con le sonorità emozionali del rock melodico… Potrebbe essere Lione… Ma anche Firenze. Potrebbe essere anche un paesino di periferia…. Potrebbe essere anche una spiaggia disabitata.