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Erika Lei torna con “Alitalia”, un singolo che racconta l’assenza come attesa e il dolore come spazio da abitare


Un titolo che richiama viaggi e partenze, ma che in realtà parla di soste forzate e cuori bloccati in un terminal emotivo: “Alitalia” è il nuovo singolo di Erika Lei, cantautrice dall’anima viscerale e dallo stile in bilico tra pop ed elettronica, che ha fatto della scrittura un modo per darsi forma e trovare respiro.

Cresciuta tra i Pink Floyd e Laura Pausini, tra Amy Winehouse e Joan Thiele, Erika ha costruito un universo musicale personale, crudo ed evocativo, in cui ogni parola è un tentativo sincero di restituire senso alle emozioni. In questa intervista rilasciata a Cherry Press, ci racconta le sue origini, le sue fragilità e il desiderio di volare anche quando tutto sembra tenerla a terra.

Ciao Erika, benvenuta sulle pagine di Cherry Press! Raccontaci un po’ di te. Quando ti sei avvicinata alla musica? 
La musica è sempre stata casa. Mio padre mi faceva ascoltare i Pink Floyd mentre ero ancora nella pancia di mamma, mia madre invece mi obbligava a sentire Laura Pausini e forse è per questo che oggi io spazio tra i generi; perché due mondi estremi (e non solo per gli artisti citati) si sono scontrati e incontrati allo stesso tempo, sin dall’inizio. Io ascoltavo tutto, da piccolissima. Ma è stato scrivere che mi ha salvato. A otto anni ho scritto la mia prima canzone, senza sapere che fosse tale. Era solo un tentativo di dare un nome alle emozioni. 

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo stile?
Sono cresciuta a pane e Pink Floyd, ma ho respirato anche Amy Winehouse, Dua Lipa, Rihanna, Portishead, Massive Attack, Lady Gaga, Lykke Li. Oggi ascolto anche tanti artisti italiani da Calcutta a Liberato, passando per Blanco e Joan Thiele. Ogni artista che ha trasformato il proprio dolore o desiderio in arte mi ha lasciato qualcosa addosso. Tre aggettivi per definire la tua musica. Cruda, viscerale, evocativa.

Quale messaggio vuoi comunicare con il tuo nuovo singolo?
Che anche quando resti a terra, puoi volare. Che l’assenza può essere presenza, e che il cuore a volte resta fermo in un terminal, in attesa di qualcosa che non partirà mai… ma che merita comunque di essere raccontato.

Adesso è arrivato il momento per porti da sola una domanda che nessuno ti ha mai fatto… ma a cui avresti sempre voluto rispondere. 
“Ti sei mai sentita abbastanza?” Risposta: No. Ma quando scrivo, per un attimo, lo divento. 

Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare ai lettori di Cherry Press? 
Non abbiate paura di sentire troppo. È l’unico modo per vivere davvero. La vita non va capita, va attraversata. E la musica è la bussola per non perdersi del tutto.