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Mike Orange e la schiettezza di Poeta: tra sarcasmo e nuovi orizzonti


Con il singolo “Poeta”, Mike Orange conferma la sua capacità di unire immediatezza e profondità, aprendo la strada al prossimo EP Aranciata Amara, in uscita entro la fine del 2025. Il cantautore lombardo, nato Michele Arancio, ha sempre affrontato la scrittura con un approccio autentico e diretto, costruendo una carriera fatta di concerti in tutta Italia e di produzioni che sanno rinnovarsi senza tradire l’essenza del suo stile.

“Poeta” è un brano che smonta con ironia il mito dell’artista come figura distante e intoccabile. Prendendo spunto dall’immagine del cimitero parigino Pére Lachaise, Mike Orange riflette su come molti mestieri creativi — dal musicista al fotografo — finiscano per avvolgersi di un’aura esagerata, dimenticando che tutti condividiamo lo stesso destino. La sua voce, calda e incisiva, guida un arrangiamento essenziale che mette al centro il testo e la capacità di raccontare la realtà con lucidità.

In questa intervista, il cantautore ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita di “Poeta”, parla del lavoro in studio con i collaboratori storici e anticipa i temi che caratterizzeranno Aranciata Amara. Un dialogo per scoprire la visione di un artista che continua a crescere e a sorprendere.

La figura del “poeta” che descrivi è in realtà un simbolo di tanti atteggiamenti diffusi. Ti senti più un osservatore o un partecipante di questo gioco sociale?
Ciao alle amiche e agli amici di Cherry Press, e grazie per l’intervista. In realtà mi sento più un osservatore. Nel mondo della musica pop mi percepisco ancora un po’ estraneo, anche per via dei miei progetti precedenti — sempre in band, sempre punk. Questo ti aiuta a tenere a bada certi egocentrismi. Mi piace che tu abbia parlato di “gioco sociale”, perché è proprio così: da quando ci sono i social network, tendiamo a restituire un’immagine perfetta di noi stessi, nascondendo una forte paura di come veniamo percepiti. E allora ci inventiamo delle definizioni. Se ci pensi, è come il bidello che diventa “assistente scolastico” — ma sempre bidello rimane (con tutto il rispetto, ovviamente).

Il brano si chiude con un’immagine forte: “piangiamo davanti a un bicchiere di qualcosa da bere”. Quanto è autobiografico questo passaggio?
Sicuramente mi sarà capitato di piangere davanti a un bicchiere, ma l’immagine mi piaceva perché credo che possa rispecchiarci tutti. Puoi sentirti anche il capo del mondo, ma anche chi ha una vita “facile” ha le sue questioni e i suoi problemi da affrontare. Mi fa piacere che ti abbia colpito: dai, sono stato bravo — è abbastanza efficace 😊

Aranciata Amara sembra avere un titolo che mescola leggerezza e disillusione. È questo lo spirito del nuovo lavoro?
Esattamente. Due anni fa ho fatto ascoltare questi brani a quello che poi è diventato il mio produttore, Luca Alfiero di Loopstudio. Mi disse: “Sono belli, ma troppo tristi”. Avevo bisogno di riequilibrare l’amarezza dei testi con un suono più leggero, e così ho iniziato a lavorare con la mia band proprio in quest’ottica. Poeta è la canzone più “Mike Orange” del disco, quella che appartiene al mio modo di scrivere più tradizionale. Anche se, già dalla scrittura, si avverte un salto in avanti. Sto sviluppando sempre di più la mia cifra stilistica, e di questo sono molto contento.

Il rapporto con la provincia emerge spesso nelle tue parole. Quanto ha segnato la tua identità artistica?
Tantissimo. Vivo in provincia e faccio parte di quel giro di persone che cerca di portare musica nuova nei propri territori. È una cosa difficilissima, soprattutto se lo fai da un angolo in cui sei tu e pochi altri a cercare di fare da aggregatori. Mi ha insegnato a fare le cose da solo, a costruire un mondo con quello che hai a disposizione, e ad avere un approccio molto concreto all’arte.

Dopo “Sensibile”, accolto molto bene dalla critica, che tipo di crescita pensi di mostrare in questo nuovo EP?
Credo che, se mi avessero chiesto all’inizio del progetto Mike Orange cosa avrei voluto fare, Aranciata Amara ci si avvicina molto. È un ulteriore passaggio in cui siamo riusciti a dare ancora più identità al progetto. Sento tante influenze in questa nuova pubblicazione, ma niente di davvero assimilabile. Sensibile voleva essere un disco it-pop, un tentativo di partecipare a quella via che tanti cantautori moderni hanno intrapreso: scrivere canzoni pop da un’angolazione alternativa, quella della musica indipendente.

Nel tuo podcast “Un disco alla volta” racconti i processi creativi di altri artisti. In cosa ti ha arricchito questa esperienza per la tua scrittura?
Sono sempre stato appassionato di radio. L’ho sempre fatta, sono stato anche direttore di una web radio, e da tempo volevo tornare a fare qualcosa in quel senso. Ho iniziato ad ascoltare parecchi podcast e ho trovato questo formato davvero efficace, anche perché garantisce una libertà di contenuti che i mezzi tradizionali non offrono. Mi sono chiesto cosa mi avrebbe davvero interessato, e sono partito dalla mia esperienza: stavo facendo un disco, e credo che il confronto con chi fa la stessa cosa sia sempre arricchente. Fare un disco è qualcosa di molto personale, ognuno lo pensa e lo realizza a modo suo. Secondo me è un tema davvero interessante, soprattutto per chi non è abituato a vivere questi processi dall’interno.
Grazie ancora, alla prossima!