Il palco rappresenta spesso la dimensione più intensa della musica dei Skillgates, e “I’m a Lover” sembra nata proprio per vivere di energia live. Le due date previste — il 20 dicembre al Defrag di Roma e il 14 gennaio al Doolin Pub di Latina — offriranno al pubblico l’occasione di percepire il brano nella sua forma più viscerale, tra ritmo pulsante e movimento condiviso.
Il singolo trasporta l’ascoltatore in una città notturna, fatta di luci artificiali, strade percorse e impulsi che si intrecciano con l’emozione personale. L’amore, qui, non è romantico ma diventa forza vitale, energia che spinge a muoversi e a esplorare, a perdersi e ritrovarsi. Il testo sintetico ma incisivo e le linee melodiche dirette creano un racconto che unisce immediatezza e introspezione, rendendo ogni ascolto un’esperienza dinamica.
La costruzione del brano si concentra sull’equilibrio tra tensione e leggerezza. Le chitarre creano percorsi decisi, la batteria scandisce il ritmo con precisione e il basso mantiene coesione e profondità. Il ritornello, diretto e memorabile, diventa un vero punto di incontro tra suono e sentimento, un invito a lasciarsi trasportare dall’energia della città e dal proprio impulso interiore.
Rispetto a This Summer, “I’m a Lover” mostra un volto più riflessivo della band, pur conservando la forza immediata e l’impatto tipico della loro musica. La dimensione live, come sempre, rappresenta il completamento naturale del brano, trasformando un ascolto privato in un’esperienza condivisa e intensa.
“I’m a Lover” racconta un amore che diventa impulso vitale. Da quale esigenza è nata questa visione?
Dalla voglia di raccontare l’amore come forza che accende, che spinge a muoversi e non come qualcosa di statico. Volevamo restituire la sensazione di vibrare, di essere attraversati da qualcosa che rende tutto più intenso.
Il brano è attraversato da un’energia notturna molto precisa. Quali elementi sonori avete considerato indispensabili per restituirla?
Le chitarre con riverberi leggeri, le linee ritmiche serrate e un mix che lasciasse respirare le frequenze alte, quasi come i riflessi delle luci sulla città. Tutto doveva dare l’idea di movimento continuo e di una notte che parla.
La città è quasi un personaggio aggiunto nella canzone: che rapporto avete voluto instaurare tra paesaggio urbano e dimensione emotiva?
La città diventa il luogo in cui le emozioni si amplificano, un amplificatore naturale. Nessun sentimento vive isolato: la metropoli lo assorbe e lo rimanda indietro più grande, più rumoroso, più vero.
La linea vocale si intreccia alle chitarre in modo molto fluido. Come avete lavorato sull’interazione tra melodia e impatto ritmico?
Abbiamo mantenuto la voce molto vicina al ritmo, evitando melismi e scegliendo una melodia diretta. Le chitarre, invece, accompagnano l’evoluzione emotiva, creando un dialogo che cresce man mano.
Rispetto a This Summer, questo singolo appare più introspettivo pur mantenendo potenza. Come avete bilanciato questi due aspetti?
Abbiamo tenuto la scrittura emotiva al centro, ma senza rinunciare a un arrangiamento solido. La potenza arriva dal suono, l’introspezione dal testo: volevamo che convivessero senza che uno schiacciasse l’altro.
In che modo sperate che chi ascolta si riconosca in questo racconto di libertà e ricerca personale?
Speriamo che ognuno ritrovi quel momento in cui si sente perso ma pronto a ripartire. Il brano parla di cadute, scoperte, desiderio di libertà: chiunque può ritrovarsi in almeno uno di questi passaggi.
