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Matteo Carmignani: intervista al cantautore toscano


"Le curve del buio" è il disco d’esordio del cantautore toscano, Matteo Carmignani. Una sensibilità peculiare e fuori dal tempo per un debutto solista “tardivo” ma anticipato da anni di vita e di esperienza artistica sempre inquieta e caratterizzata da curiosità mai statica. 
Lo abbiamo intervistato per voi! Ecco cosa ci ha raccontato.

L'INTERVISTA

Ciao Matteo e benvenuto sulle pagine di Cherry Press! Raccontaci un po’ di te. Quando ti sei avvicinato alla musica?
Ho iniziato a suonare a 17 anni in un garage. Avevamo una tastiera che si scordava scaldandosi, una batteria con le pelli ricoperte di lenzuola a fiori e due sedie impilate per fare da asta dei microfoni. Ci mancava tutto quello serviva, ma avevamo voglia e fame di suonare, di scrivere pezzi nostri, il resto poi è arrivato con il tempo. Con la band ho suonato molto negli anni ’90. Mi sono traferito poi a New York per lavoro, dove ho iniziato un progetto tra l’Ambient e il Trip Hop. Ho vissuto all’estero per nove anni e dal 2017 ho ricominciato a scrivere canzoni. È stato in quel momento che ha iniziato a prendere forma il disco.

"Le curve del buio" è il tuo disco d’esordio. Come è nato? Quali sono i temi trattati?
È un disco scritto tutto in un periodo che racconta un pezzo della mia vita. Le curve sono le tappe, le canzoni di questo viaggio dentro di me, nel mio buio, un posto dove, per quanto non sia semplice, fa bene tornare per capire come si era e come siamo diventati. 
Sono canzoni che raccontano storie incompiute, della nostra immobilità o indecisione dovute a scelte che non sempre abbiamo saputo fare, di amori che abbiamo vissuto e rapporti che forse abbiamo chiuso male o troppo in fretta. Tutto questo ci ha lasciato addosso tagli ancora vivi da dove emergono le nostre debolezze e le memorie che ci rincorrono sempre. Credo sia un disco vero, profondamente pensato, quasi coraggioso; il momento di guardarsi dentro prima o poi arriva, ma la voglia di tirarlo fuori così, di circoscriverlo in momenti ed esperienze vissute e farle diventare canzoni è stato molto intenso per me e per me è stato un esercizio di crescita importante.

In quanto tempo è maturato l'album?
La parte di scrittura delle canzoni voce e chitarra è stato di circa nove mesi, tipo una gestazione (ahah). La preproduzione e la realizzazione dei provini hanno richiesto un anno circa nel quale, insieme a Matteo Tassetto, chitarrista in gran parte dei brani del disco, abbiamo lavorato alla concretizzazione della mia idea musicale e alla definizione del mondo sonoro del disco.
Il lavoro in studio è durato un anno, intenso ed estremamente pesato, durante il quale Fabrizio Simoncioni, che ha prodotto il disco, è stato una sorta di alchimista al servizio delle emozioni, lavorando su ogni brano come si fa quando si crea una pozione magica. Con lui ho condiviso scelte e sonorità, livelli, presenze e distanze, con la finalità di mantenere la centralità delle canzoni e della mia voce. 

Da quale idea nasce la copertina de "Le curve del buio"?
È la foto di un fotografo che si chiama Josè Murillo e che da quando l’ho vista la prima volta, ho subito pensato che fosse la giusta ambientazione di questo viaggio musicale. Anche il progetto grafico al quale sto lavorando per i supporti fisici è impostato sulla stessa immagine, un luogo quasi sospeso in un paesaggio silenzioso, con questa curva sinuosa e luminosa che va a perdersi dentro.



Se dovessi utilizzare tre aggettivi per definire il disco, quali useresti?
Intenso, profondo e malinconico, mi rappresenta in pieno.

Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare ai lettori di Cherry Press?
Il disco mi ha dato l’opportunità di iniziare un periodo molto positivo per me, come uomo e come musicista, quindi auguro a tutti la forza e la capacità di riscoprirsi, di imparare ad amarsi. La vita è una grande occasione per ognuno di noi, e forse mai come in questo periodo ci rendiamo conto di quanto sia importante preservarla, usiamola per crescere e per lasciare messaggi e azioni che restano. 

Intervista a cura di Barbara Scardilli