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Fiori di Cadillac: denuncia aggressiva o fotografia distopica

Nuovo singolo, randagio e solitario, rilasciato in rete con un bellissimo video a corredo diretto da Alessio Consoli e prodotto da Cineska.it e prodotto anche da loro, i salernitani Fiori Di Cadillac. Si intitola “Ma che succede fuori”, nato dalle ceneri di questo tempo post-apocalittico e a questo tempo i nostri regalano una fotografia violenta, cruda, che sottintende denuncia anche e soprattutto verso se stessi, misurandosi con la verità o con quel che sembra si voglia nascondere della verità. I Fiori di Cadillac restituiscono la loro verità a questa società e a questo pezzo di tempo che stiamo vivendo. Da mettere in circolo…

La periferia del mondo. Partiamo da qui… la periferia per voi che peso ha nella contaminazione artistica?
Viviamo a Salerno, una città che non offre tanto, spesso ci si annoia. Fuori dalla Storia, il nostro secondo disco racconta delle nostre lotte, i nostri amori, le nostre paure; racconta della periferia, come di un posto dove spesso non ci sentivamo felici ma dove abbiamo festeggiato lo stesso cercando di incontrare persone con cui crescere e confrontarci. Non è stato facile. Abbiamo cambiato la nostra prospettiva cercando di trovare ciò che di buono la periferia potesse offrire. Oggi condividiamo tutto quello che facciamo; cosi accade che girare un videoclip come quello di Ma che succede fuori diventa un modo per metter su un team di amici con cui lavorare insieme e fare arte. È stato molto bello.

Un bellissimo video, una distopia attualissima, una denuncia a suo modo… ma nello specifico parliamo di denuncia o cercate di smitizzare un certo luogo comune?
Il video del brano, se vuoi, può definirsi denuncia, nel senso che denuncia la nostra voglia di cambiamento, un sentimento che abbiamo sperimentato fortissimo nei lunghi giorni di isolamento. Nel video, due ragazzi escono in strada e si godono, forse all’estremo, la vita. Escono per stare insieme, per farsi un giro correndo in macchina, per prepararsi a degli scontri di piazza, per dar voce alla loro voglia di vita e di cambiamento, appunto.

 
Quello che stiamo vivendo certamente offre infiniti spunti di riflessione. Secondo voi come ne usciremo? 
Bah, ne usciremo stanchi, appesantiti, ingrassati. La prima ondata di pandemia portava con sé una sorta di “novità” che ci spingeva a prendere quel momento distraendoci facendo cose nuove tipo le videochiamate di gruppo, le pizze fatte in casa, le suonatine sul balcone; la seconda ci ha sorpreso e ci ha letteralmente devastato. I palliativi potevano andar bene una volta, la seconda stancano. C’è chi sta male davvero e chi ha perso delle persone care. Questa pandemia ci sta mettendo seriamente alla prova. L’Inghilterra e la Russia hanno già somministrato i primi vaccini. L’Europa deve muoversi.

E quanto questo ha cambiato il vostro modo di pensare alla musica?
Il Covid-19 non ha cambiato per nulla il nostro modo di pensare alla musica. Abbiamo sempre pensato alla musica come una sorta di energia; un flusso emotivo fortissimo tra chi la produce e chi la ascolta. Questo processo trova la sua massima espressione in un concerto. 
Pensiamo sempre e solo a quello: ai concerti.

Vi rigiro la domanda: ma cosa sta succedendo la fuori?
Lì fuori stanno succedendo talmente tante cose che sarebbe impossibile sintetizzarle qui, e soprattutto rischieremmo di annoiare quelle due persone che leggeranno la nostra intervista. Ma se tu, sì proprio tu, stai davvero leggendo la nostra intervista, allora guarda anche tu al di fuori della tua finestra, e se vedi qualcosa che non va, esci e fai qualcosa per cambiarlo.