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Aneurisma: l’America a portata di grunge


Ci sorprende sempre trovare un modo poco italiano nei dischi, nonostante viviamo un oggi in cui la contaminazione è materia diffusa e automatica a differenza di un tempo che per incontrare dischi altri era quasi un’impresa. Oggi riscopriamo il grunge degli Aneurisma che avevamo lasciato con i singoli “Insanity” e “Never Say” ben due anni fa, prima della pandemia…

 

E chissà se questo tempo assurdo abbia scritto tutte queste nuove canzoni o magari l’uscita di oggi sia soltanto la naturale attesa di acque più calme. “Inside My Rage” esce per la label Automatic Records e promette da subito ben più cose del normale cliché americano: se da una parte rivediamo brillare i fasti degli urlatori alla Dave Grohl o le aperture di Chad Kroeger (questi i due grandi pilastri dentro cui ruota il disco) - e la timbrica di voce e il mix che ha cercato difficilmente si distacca da questo immaginario - è anche vero che i cambi di tempo di “Lost My Way” ci ricordano di quanto il “progressive” sia un ingrediente interessante ed efficace nonostante il muro di chitarre a catturare ogni attenzione. E su questa scia arrivano gli ostinati di “Nitro” che colorano di darkwave un disco che non è solo ombra di sentieri battuti. E così l’oktaver di “Shame” o il delay del già citato “Lost My Way” (molto “Money” dei Floyd devo dire), o le lunghe note urbane figlie di quei Prodigy anni ’90 che troviamo nella title track che apre l’ascolto, dimostrano come “Inside My Rage” sia un disco maturo di ascolti e anche di personalità capace di cercare altro dalle solite strutture su cui certamente si appoggiano tutti. E il tempo dilatato (per quel che significa in dischi come questo) di “Plastic Mask” ci rivela anche una personalità decisamente più “pop” del disco che di certo non inquina e neanche distrae.

Una prova che forse resta troppo dentro il novero dei devoti al genere e che probabilmente, in un tempo così multi-etnico, avrebbe potuto giocarsi carte più facili dal punto di vista delle soluzioni e della popolarità. Ma è anche vero che, forse, solo grazie a dischi come questo che diamo la possibilità a certi generi di rientrare dentro le liste degli ascolti frequentati dalle nuove generazioni. Che torni in scena il Grunge? Avremmo di sicuro la fila al botteghino…