E chissà se questo tempo assurdo abbia scritto tutte queste nuove
canzoni o magari l’uscita di oggi sia soltanto la naturale attesa di acque più
calme. “Inside My Rage” esce per la label Automatic Records e promette da
subito ben più cose del normale cliché americano: se da una parte rivediamo
brillare i fasti degli urlatori alla Dave Grohl o le aperture di Chad Kroeger
(questi i due grandi pilastri dentro cui ruota il disco) - e la timbrica di
voce e il mix che ha cercato difficilmente si distacca da questo immaginario -
è anche vero che i cambi di tempo di “Lost My Way” ci ricordano di quanto il
“progressive” sia un ingrediente interessante ed efficace nonostante il muro di
chitarre a catturare ogni attenzione. E su questa scia arrivano gli ostinati di
“Nitro” che colorano di darkwave un disco che non è solo ombra di sentieri
battuti. E così l’oktaver di “Shame” o il delay del già citato “Lost My Way”
(molto “Money” dei Floyd devo dire), o le lunghe note urbane figlie di quei
Prodigy anni ’90 che troviamo nella title track che apre l’ascolto, dimostrano
come “Inside My Rage” sia un disco maturo di ascolti e anche di personalità
capace di cercare altro dalle solite strutture su cui certamente si appoggiano
tutti. E il tempo dilatato (per quel che significa in dischi come questo) di
“Plastic Mask” ci rivela anche una personalità decisamente più “pop” del disco
che di certo non inquina e neanche distrae.
Una prova che forse resta troppo dentro il novero dei devoti al genere
e che probabilmente, in un tempo così multi-etnico, avrebbe potuto giocarsi
carte più facili dal punto di vista delle soluzioni e della popolarità. Ma è
anche vero che, forse, solo grazie a dischi come questo che diamo la
possibilità a certi generi di rientrare dentro le liste degli ascolti frequentati
dalle nuove generazioni. Che torni in scena il Grunge? Avremmo di sicuro la
fila al botteghino…