Default Image

Months format

Show More Text

Load More

Related Posts Widget

Article Navigation

Contact Us Form

Breaking News

Prospettive di gioia sulla luna: il vintage che torna sempre


Che bel modo di stare al mondo, nel mondo dei suoni e delle scritture… canzoni che sembrano ritrovare quel dancefloor italiano delle balere anni ’80, quando l’Inglese maniera e la contaminazione del glam esterofilo sembrava determinare tutte le mode possibili e immaginabili. Terzo disco per il progetto Prospettive di gioia sulla luna che tornano in scena con la produzione artistica di Livio Magnini (Bluvertigo, Jet Lag, Sottotono, Giorgia e tanti altri) e con un disco dal titolo decisamente didascalico: “Tutti i fantasmi del Dancefloor” uscito lo scorso 18 Novembre per Alter Erebus.
 
Nuovo disco per una formazione a cui per prima cosa chiedere: un  moniker che in qualche modo ci dice che dalla Terra dobbiamo andar via?
Più che altro, ci suggerisce l'idea che la Gioia non è di questo pianeta. Cerchiamo, allora, di trovarla altrove ed il primo altrove che ci è venuto in mente è la Luna. Il nome è anche un riferimento all'Orlando Furioso, ad Astolfo che a cavallo dell'Ippogrifo si reca sul nostro satellite per ritrovare il senno del cavaliere Orlando e poi è anche un omaggio ai nomi delle band del periodo progressive italiano, con nomi spesso lunghi e composti, periodo musicale di cui siamo tutti grandi appassionati.
 
E poi il titolo: quali sono per voi i fantasmi del Dancefloor?
I Fantasmi del dancefloor sono in realtà i nostri fantasmi: la dance propriamente detta, quella tutta godereccia degli anni '70 si accompagna, nel nostro immaginario musicale ai risvolti dance che sono stati fatti propri da gruppi a noi più congeniali per affinità elettive come i Bauhaus, i Cure più sbarazzini, fino ai nostrani Neon, fra i primi a queste latitudini ad unire il dark e il ritmo in cassa dritta.

 

Timide incursioni di rock in un disco che sostanzialmente resta fermo sul downtempo. Una filosofia che penso voglia rendere omaggio ad un’epoca di grandi rivoluzioni stilistiche o sbaglio?
Volevamo cambiare direzione in maniera decisa, e per restare in tema, direi piuttosto che le incursioni di rock siano state fantasmatiche, più che timide. Il downtempo, come giustamente fai notare, è venuto fuori quasi spontaneamente e noi siamo stati più che disponibili nell'accettare la cosa. Certamente siamo fra quanti ritengono gli anni '80 validi non solo nell'underground, perché se pensiamo ai Duran Duran, ai Talk Talk e ad altri ci rendiamo conto di quanto sia stato in grado il pop mainstream dell'epoca di proporre musica di spessore, egregiamente suonata, ben prodotta e comunque di successo. Un'epoca di grande trasformazione e di rivoluzioni non meno importanti di quelle delle decadi precedenti, seppur in un senso differente.
 
La produzione è stata fatta in piena pandemia: anche questo tempo fermo, distopico, in qualche modo ha contaminato e determinato la scrittura?
In realtà, la pandemia è scoppiata a mix appena concluso. Praticamente è stata una questione di due o tre giorni, quindi più che la scrittura direi che quel periodo ne ha segnato l'ascolto. Un decantare che a volte è stato anche frustrante, perché più tempo passa e più ti sale la voglia di rimettere mano al lavoro, ma credo che sia una cosa che valga sempre. Nessuno è mai soddisfatto e i tempi morti, specie se forzati, aumentano questo tic dei musicisti.
 
Da una direzione a firma di Livio Magnini sinceramente avrei atteso risultati decisamente più glam ed eclettici. O sbaglio?
Dipende da cosa intendiamo per glam. Però capisco perfettamente cosa vuoi dire. Da una parte, l'immaginario bluvertighiano è sempre stato presente (come un fantasma, tanto per cambiare): eravamo insieme a Livio, nello studio in cui è stato registrato Acidi e Basi, ad usare gli effetti presi da una pedaliera su cui c'era la scritta Bluvertigo a caratteri cubitali e ad utilizzare il basso di Max Carnevale, fratello di Sergio e bassista aggiunto in parecchie loro situazioni live. Quanto all'eclettismo, se diamo un'occhiata ai brani, si trovano echi dance, funky, dark, pop e trip-hop: ce n'è abbastanza per non risultare monolitici.