"Minnesota", una chiave diversa per raccontare George Floyd nel nuovo singolo di Daniel Mendoza. In attesa del disco ufficiale, di cui avremo sicuramente notizie nei prossimi mesi, il noto artista romano, regala al pubblico un nuovo singolo dal sapore Indie-Rap.
Minnesota, fuori per Street Label Records e distribuito da Believe, racchiude il dramma del razzismo, la privazione di libertà e il generale senso di soffocamento e disagio riflesso nelle relazioni quotidiane. Niente meglio di Minnesota, lo Stato che comprende Minneapolis, città americana dove perse la vita George Floyd il 25 maggio 2020 ucciso dalla Polizia statunitense, potrebbe simboleggiare meglio il drammatico senso di oppressione e claustrofobia che, partendo da un evento tragico della cronaca moderna, è il riassunto di anni difficili, di pandemia e reclusione.
Il brano, prodotto da Daniel Mendoza in collaborazione con Napodano (Piano e Hammond) ed Emanuele Lollobrigida (Basso e Contrabbasso), ha atmosfere jazz e miscela campionamento e musica suonata. Daniel conferma ancora una volta una spiccata creatività e nonostante il brano presenti passaggi di scrittura molto profondi, sarcastici e drammatici, la melodia ha volutamente un mood più elegante e smooth.
L'INTERVISTA
Intanto buongiorno a voi e grazie per lo spazio! Mi sono avvicinato per caso, la mia è stata una porta d’uscita da un ipotetico futuro nebuloso. Sono cresciuto in un quartiere difficile, dove è facile sentirsi emarginati e sviluppare un pensiero negativo. Le opportunità offerte erano poche e la mia adolescenza l’ho passato disconnesso dal mondo. Internet non connetteva tutti come oggi. La musica mi ha aiutato a stare dalla parte giusta, di mantenere un pensiero di speranza, di rivincita sociale. Non mi sarei mai accontentato della mediocrità offerta dal mio quartiere. Non ho mai riposto grandi speranze negli studi anche se ho frequentato per un breve periodo l’università. Cercavo una scappatoia concreta e la musica mi ha formato il carattere. Prima frequentando ambienti hiphop dove conoscendo altri “fanatici” appassionati come me, abbiamo vissuto forse uno dei migliori periodi musicali, ricco di serate, incontri, confronti e tanta voglia di creare. Crescendo ho allargato i miei orizzonti, quella che era una via di fuga è diventata la mia quotidianità, composta da molteplici sfaccettature. La pubblicazione di un singolo, o di un disco ad esempio, è solo la punta dell’Iceberg. Dietro c’è qualcosa di molto più grande, bello e invisibile.
Ho sempre cercato di mantenere una coerenza artistica senza essere però integralista. La musica cambia, ed è anche giusto lasciarsi coinvolgere dalle novità. L’importante è mantenere la propria personalità anche a fronte di un cambiamento quasi radicale. Parto amante del rap americano, ho amato alla follia 2Pac e in Italia i primi Sottotono, Neffa. Loro sono la mia origine, da qualcosa si parte. Ho poi aperto le mie vedute andando a ritroso, esplorando il soul, il doo wop, il funk. Producendo i primi beats non potevo non avvicinarmi in modo famelico alla black music in generale. Ma non mi bastava, e allora mi sono nutrito fino a fare indigestione del favoloso mondo delle colonne sonore della vecchia cinematografia italiana. Compositori come: Piero Umiliani, Nino Rota, Armando Trovaioli, sono stati fonte di grande ispirazione produttiva. Oggi seguo con interesse tutte le evoluzioni dal rap. Alcune mi piacciono molto, altre le trovo inutili e insensate. Mi affascina e mi incuriosisce tanto anche il nuovo cantautorato indie che riprende parecchio da maestri come Dalla, Battisti e De Gregori. Di mio sto cercando di portare il mio rap più vicino al cantautorato e a quelle atmosfere li.
Creativa, ricercata, sottovalutata.
Non è un brano facile, perché nella sua musicalità apparentemente leggera, è presente un messaggio forte. Racconto in chiave diversa la morte di George Floyd, ma lo vado a paragonare in forma metaforica al senso di oppressione e di privazione di libertà che stiamo vivendo tutti. Non ho voluto però raccontare questo momento storico con atmosfere cupe, mi aiuta il mio sarcasmo che mi permette di affrontare tematiche pesanti anche in modo più leggero.
In generale non amo scrivere brani tanto per tentare la scalata alle radio. Servono i budget importanti, pianificare un “successo” a tavolino è il primo passo verso il fallimento, soprattutto se non hai investimenti enormi dietro alle tue parole. Io sono della teoria che servano idee e qualità, e cerco di metterle nella mia musica, Minnesota è parte di questo pensiero. La speranza è che arrivi sempre il messaggio e che venga valorizzata la mia parte di autore.
Non lo so. Non ho scadenze. Ho un’iperattività creativa quindi in qualche modo devo confluire le mie energie. Non sempre però mi porta a “partorire” il testo giusto. Ogni cosa ha il suo momento e il più delle volte le canzoni che scrivo nascono da sole quando meno me lo aspetto. Per ora sono al 70% del lavoro. Non manca molto. Essendo però un disco che conterrà molti dei singoli già pubblicati nell’ultimo anno e mezzo, si può già capire che sarà qualcosa di totalmente opposto da “Rivincita”, ultimo album che ho pubblicato qualche anno fa.
Cosa significa Daniel Mendoza? Eheheh scherzo ovviamente!
Mi chiederei la cosa più banale del mondo che spesso è sottovalutata…
Li voglio solo ringraziare, a loro per l’attenzione, e voi di Cherry Press per avermi voluto conoscere meglio.