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Sasha Vinci: ascoltando questo “Mercurio”


Decisamente un ascolto impegnativo, immersivo, personale in questo gusto “ermetico” (mi si conceda l’uso delle virgolette) che ci viene dalle liriche. Sasha Vinci è un artista siciliano dedito all’espressione che sempre ha una celebrazione visiva, di forma concreta, sghemba se pensiamo alle nostre confezionate abitudini. Ma qui subito mi addentro in un campo minato, poco confortevole e sicuramente lontano dalle mie competenze. Eppure questo livello alto di visione viene restituita anche alla parola di questo disco che per questa ragione si fa scivoloso, faticoso in molti tratti… e tutto questo è sinonimo di qualità, da leggerlo come complimento. Finalmente un disco mai banale, mai scontato, dove la ricerca ed il messaggio si tessono anche dentro un dialogo dal peso poetico tutt’altro che ordinario o mercificato. “Mercurio” dunque è un disco alto, lo ribadisco ancora, dove il potere della parola è tale se noi siamo in grado (e qui ahimè saranno in molti a cadere) di fermarci e lasciarci trasportare senza pregiudizio dentro le visioni. “Mercurio” dunque sarà percepito come un disco di dissenso sociale, di amore faticoso, di speranza che corre adesso a corona della precarietà, del poco equilibrio, del passo che a stento trova terreno. 
Musicalmente invece la firma viene a cadere su Vincent Migliorisi: collaborazione che frutta un’estetica decisamente interessante anche sotto questa luce. La ricerca mira alla forma per niente scontata anche in seno al pop, dove si fanno palesi richiami ad un certo Battiato (vista anche la viscosità dei testi), ai Baustelle (complice anche una timbrica vocale decisamente scura e contemplativa) o ai più giovanissimi Siberia… cliché questi che spesso tornano nella critica di questo disco. Sottolineo un brano a mio avviso importante come “Poesia della crudeltà” aperta da un dialogo di chitarra elettrica che non riesco a rintracciare nella memoria ma che davvero devo aver sentito mille altre volte in qualcosa di assai famoso che ora sfugge. Che sia una citazione che sto mancando di riferire? Molto probabile…
Brano interessante dicevo, dove spicca la figura del drammaturgo francese Antonin Artaud, in cui più di altrove si respira un bellissimo senso di sospensione coccolato sia dal disegno armonico che dalla lentezza che si respira nei versi spesso crudi, altre volte ricchi di speranza. 
La sospensione resta comunque un punto fermo nel mio ascolto di “Mercurio” nonostante trovi anche brani ariosi come “Un giorno senza ore”, una ballad in tonalità maggiore dentro cui il dissenso e la critica sociale sono forse più sfacciati che mai… e forse qui come quasi ovunque, a darmi quel senso di non risoluzione sono questi arpeggi di chitarra elettrica - peculiarità di tutto il disco che richiama uno sfacciato mood inglese - come anche una voce che cerca di cantare e spingere dentro le melodie ma un poco si trattiene, che non capisco mai se si tratta di insicurezza o di espressione intima.
“Mercurio” è un disco difficile amici… un lavoro che riporta un senso assai importante al valore della canzone d’autore. Decisamente in controtendenza con tutti questi “schiamazzi” digitali che spacciano per poesia delle nuove generazioni. Nonostante i tanti cliché, Sasha Vinci ci prova e per molte cose ci riesce ad essere un artista personale, libero e decisamente meritevole di questa etichetta.