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“Fake Bloom” è il nuovo singolo dei Reel Tape. L'intervista


“Fake Bloom” è il nuovo singolo dei Reel Tape estratto dal nuovo album “Fences”. Il brano racconta la storia di Murray Bookchin, operaio, filosofo, anarchico, storico ambientalista, fondatore dell’ecologia sociale. La sua voce nel brano ci ricorda l’assurdo tentativo dell’uomo di dominare la natura, che inevitabilmente si scontra con la limitatezza delle risorse e con la crescente minaccia del climate change. Nel testo risuona l’eco della frustrazione e dell’angoscia per un equilibrio che appare ormai destinato a spezzarsi.

Per saperne di più abbiamo intervistato il gruppo.

Ciao, benvenuti sulle pagine di Cherry Press! Raccontateci un po’ di voi. Quando vi siete avvicinati alla musica?
Ognuno di noi cinque proviene da percorsi musicali differenti, tutti avevamo già esperienze in varie band locali, non necessariamente dello stesso genere, e questa eterogeneità si è poi riflessa anche nei brani dell’album, che oscillano tra post-rock, alternative, funky, dream-pop e psichedelia. 
Il progetto è iniziato nel 2017 dall’idea di tre amici, Lorenzo Franci - tornato a Firenze dopo anni a Londra - Lorenzo Cecchi e Lorenzo Nofroni, di provare a ibridare le proprie influenze musicali con lo strumento espressivo dei campioni vocali, dopo aver assistito ad un folgorante concerto dei Public Service Broadcasting. 
Da questo il nome del gruppo, che fa riferimento alla tecnica del cutting & splicing delle bobine a nastro cinematografiche: è un po’ quello che cerchiamo di fare inserendo nei nostri brani questi frammenti di realtà, per trattare tematiche attuali o universali.
Hanno poi completato il gruppo pochi mesi dopo il batterista bolognese Lorenzo Guenzi e il cantante Alessandro Lattughini, originario di La Spezia.

Quali artisti hanno influenzato maggiormente il tuo stile?
Proprio il fatto che i nostri singoli background musicali sono in parte diversi, è un po’ la forza dell’album:  mi viene a mente la metafora del tendone da circo, in cui ognuno tira in una direzione diversa e questo sforzo apparentemente disarticolato permette però poi di alzare il tendone... In parte noi funzioniamo proprio così, armonizzando differenze. Però naturalmente ci sono dei riferimenti musicali condivisi, dai Public Service Broadcasting, ai REM, ai Radiohead, e ancora Smashing Pumpkins, Mogwai, David Bowie, Kurt Vile, Blur, Sigur Rós, Cocteau Twins e molti altri...

Tre aggettivi per definire la tua musica.
Immersiva, cinematografica, impegnata.

Quale messaggio vuoi comunicare con il tuo nuovo singolo?
Le folle di ragazzi scese in piazza per i Climate Strikes, e la rimozione collettiva del problema. La sensazione di distacco e sradicamento dalla natura, di cui pure siamo parte. L'impotenza di fronte alle conseguenze di questo rapporto distorto tra uomo e pianeta. Questi impulsi condivisi ci hanno portato a realizzare "Fake Bloom", il primo singolo di "Fences".
Il messaggio è quello che arriva direttamente dalla voce di Murray Bookchin, filosofo dell’ecologia sociale, inserita nel testo: l’assurdità del tentativo dell’uomo moderno di dominare la natura, di sfruttarla come se le sue risorse fossero illimitate, e di improntare analogamente anche il rapporto tra uomini sulla forza e sullo sfruttamento.

Adesso è arrivato il momento per porti da solo una domanda che nessuno ti ha mai fatto… ma a cui avresti sempre voluto rispondere. 
Direi “quali sono i brani che più ti stanno a cuore nell’album”, perché si crea sempre un legame particolare con delle canzoni. E mi risponderei sicuramente “NOF4”, Nannetti Fernando passa gran parte della sua vita internato nel manicomio di Volterra. Ogni giorno usando la fibbia del suo panciotto incide i muri del cortile con disegni e pensieri. Di quelle sue parole è interamente composto il testo della canzone, in cui i temi dell’inclusione e della salute mentale, si inscrivono in un contrasto tra sonorità distorte e melodie dilatate.
Ma anche Diamond Shaped Pills, nata da un viaggio in Islanda e dalle sue atmosfere rarefatte, che è il  capitolo post-rock dell’album, tra risonanze dream-pop e suoni ambientali.
Una visione onirica, una riflessione sul senso della scrittura e dell’arte, sul confine a volte labile tra sogno e realtà.

Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare ai lettori di Cherry Press?
Vorrei suggerire loro di usare un buon paio di cuffie e provare a mettersi in ascolto di “Fences”, (che si trova su Spotify e su tutte le principali piattaforme digitali), e lasciarsi  trascinare e anche un po’ sorprendere da questo viaggio che passa attraverso generi e stili differenti, una babele di lingue tra testi e campioni – tra cui giapponese, spagnolo, islandese, russo - e a legare tutto il filo conduttore delle barriere e dei confini, non solo fisici e politici ma anche sociali e mentali.