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Intervista al cantautore romano Gimbo


"Mammut" è il titolo del nuovo singolo e video del cantautore romano Giampietro Pica, in arte Gimbo, disponibile su tutte le piattaforme digitali pubblicato da Redgoldgreen.

Nella musica di Gimbo si trova la semplicità del cantautorato più puro, la concretezza di rime e suoni che vogliono raccontare una storia. Un block notes e una chitarra che si sposano, però, con un raffinato arrangiamento che omaggia i capiscuola del genere italiano come De Gregori o Dalla.
Le suggestioni fugaci di un momento si susseguono tra strofe e ritornelli costellati di melodie e armonie, dove un delicato assolo di clarinetto chiude il brano. L’ensemble è completato dal contrabbasso di Giacomo Nardelli, dalla drum machine di Raina e Bootloop, dal clarinetto di Attilio Errico Agnello oltre alla chitarra dello stesso Gimbo.

Noi l'abbiamo intervistato per voi…Buona lettura

Ciao e benvenuto sulle pagine di Cherry Press! Giampietro Pica in arte Gimbo. Da quale idea nasce il tuo nome d'arte?
Ciao, grazie per l’accoglienza.
In realtà, l’idea è molto spontanea e poco riflettuta: è un soprannome che mi hanno dato da piccolo.
Ho pensato di usarlo perché era come recuperare qualcosa dal passato in questo nuovo percorso (solistico), quasi a rimarcare un nuovo inizio però “da dove ero partito”.

Quali artisti hanno influenzato il tuo stile?
Se guardo ai miei trascorsi mi vedo principalmente come chitarrista/cantante  e quindi rispondendo a questa domanda mi sentirei di fare nomi di artisti anche chitarristi.
Ci sono dischi e autori nei quali mi sono ritrovato, nel tempo, per diverse ragioni da Clapton  a Neil Young, ma anche Pino Daniele e Ivan Graziani.
Poi ricordo una band italiana i Flor (ex Flor de mal) con un album  dei primi anni ’90 “Aria”, un sound acustico forte con melodie contaminate. Credo che quello sia, tuttora, un disco che rispecchi i miei ascolti e la mia visione di musica.

"Mammut" è il titolo del nuovo singolo. Quale messaggio vuoi comunicare con questo brano?
Ho preso spunto dalla realtà e ci ho giocato con la fantasia. Il messaggio è, tuttavia, molto concreto: il mio quartiere, Rebibbia, è molto di più di come nell’immaginario collettivo è raffigurato.

Cosa ti lega al quartiere capitolino /Rebibbia?
Sono un abitante del quartiere e mi lega la vita di tutti i giorni.
Le cose spicciole, l’andare a fare la spesa ed avere confidenza con molti; andare al parco alla prima domenica del post lockdown e fermarsi a guardare una partita di pallone undici contro undici.
Una volta era una borgata e molto di quel “carattere” straordinario esiste ancora.

Cosa puoi dirci del videoclip del singolo.
Il videoclip è stato realizzato interamente dalla pittrice e scenografa Clelia Catalano. Un lavoro importante, con più di 3000 tavole in tre mesi di impegno assiduo.
Il risultato finale mi ha stupito, anche se l’ho visto prender forma passo dopo passo.
Un lavoro importante che accompagna perfettamente il brano e viceversa.
Una progressione di immagini e colori che è sotto gli occhi di tutti.



Tre aggettivi per definire il nuovo singolo "Mammut".
Itinerante, cadenzato e sognante.
E’ un brano che ti accompagna a fare un giro tra sogno e realtà, con un ritmo dondolante che simula la cadenza del protagonista.

Cosa ci riserverà la tua musica nei prossimi mesi? 
Sto ultimando le lavorazioni del mio primo disco da solista che ha assorbito molti dei miei sforzi e delle mie attenzioni degli ultimi anni.
Non ho ancora suonato un live ufficiale, anche se ho già fatto ascoltare pubblicamente qualche brano; conto, perciò, soprattutto con l’uscita del disco, di suonare il più possibile per far arrivare ovunque la musica che propongo.

Per concludere, quale messaggio vuoi lanciare ai lettori di Cherry Press?
Riallacciandomi alla risposta precedente, mi piace pensare che la musica sia in grado di arrivare ovunque ma soprattutto mi piace pensare che la musica, qualsiasi genere di musica, sia in grado di portarci ovunque.
Ecco, il messaggio per me è: ascoltate tutta la musica (del Mondo) perché in tutta la musica troverete il Mondo.

Intervista a cura di Barbara Scardilli