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Luciano Varnadi: una radio familiare in edizione limitatissima

Quello che accade dentro questo disco è qualcosa di assolutamente fantastico. Un’intera famiglia al servizio della musica di questo padre artista, scrittore, cantautore, visionario di bellezza. E quel che sentiamo è una fantomatica programmazione radiofonica che parte dal mattino fino a sera con ben 31 tracce di cui 15 sono canzoni e 16 sono intro radiofonici di presentazioni. Luciano Varnadi, il “cantautore con due cappelli”, torna con un disco dal titolo “Radio Varnadi 2.0 Family Edition”, lavoro decisamente figlio di questa pandemia, di queste costrizioni, disco di inevitabili vicinanze ma anche di goliardia, di suono a buon mercato dove tutti loro, la family edition appunto, suona di tutto, restituendo a questo lavoro non solo una dimensione popolaresca e casalinga ma anche una vicinanza ed un modo leggero ed emozionale di vivere la semplicità di tutti i giorni… quella della famiglia… quella dello stare assieme. Di Luciano Varnadi c’è poco da dire: lo conosciamo bene, e altrettanto bene si presenterà a seguire. Di questo disco vogliamo dire soltanto una cosa: non va ascoltato. Va vissuto.

Radio Varnadi trasmette prima di tutto l’importanza della verità. Verità che c’è dietro la famiglia, dietro la musica, dietro la cultura. Sei d’accordo?
“Veritas Vos Liberat” esclamavano i cavalieri templari come stendardo del verbo di Cristo, ossia “la Verità vi renderà liberi” e RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION è un album libero. Ti dirò di più, ho lasciato dieci CD in giro per Napoli, ognuno riposto su una panchina e sulla confezione del disco ho scritto “Questo è un disco libero, ascoltalo e liberalo di nuovo!”. Mai come oggi in cui si vive di apparenza c’è bisogno di “libertà” e di “verità”. Tutto è ormai ancorato ai profitti, anche l’arte è ancorata ai profitti. Viviamo in una dittatura mediatica che purtroppo ha travolto anche il mio disco. “RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION” non è presente su Spotify non per volontà mia o del produttore Curti, bensì perché (Cito le parole dell’addetto della Believe Digital, distributore del disco): “non può essere inviato alle principali piattaforme perché in esso sono presenti alcune tracce con parlato, spot pubblicitari, ecc.”. Ho cercato di far capire che questo è il secondo progetto dedicato al mondo delle radio (Il primo era del 2009 ed è caricato da anni su Spotify), gli spot pubblicitari sono fittizi e che la “Radio” non esiste in quanto vive soltanto in qualità di progetto artistico, ma non c’è stato modo di convincerli. Per cui, mi ritrovo dopo anni di lavoro nell’impossibilità di veicolare il mio prodotto, bello o brutto che sia. L’arte dovrebbe ubbidire unicamente al concetto di libertà, per cui è una vergogna che debba sottostare a queste incontestabili censure di mercato. In definitiva ho caricato l’intero album su youtube e ho deciso di farlo ascoltare gratuitamente. L’unica cosa che desidero, in nome della VERITA’ è che questa assurda vicenda venga resa nota all’opinione pubblica, al fine che questa “dittatura” possa cambiare. Non lo faccio per me, bensì per i tanti artisti che fanno musica e che, alla fine di un progetto nel quale si sono impegnati e che hanno amato, potranno trovarsi a non poterlo distribuire. Tutto ciò è vergognoso.
 
I tuoi 2 cappelli… posso chiederti perché?
Sono figlio di madre rodigina e di padre napoletano, nato infatti a Rovigo in Veneto e vivo da quando ero bambino in Campania, prima a San Giuseppe Vesuviano in provincia di Napoli e adesso a Sirignano in provincia di Avellino. Ho sempre cercato un simbolo che rappresentasse le mie due patrie, quella di nascita e quella di appartenenza, mi sono così inventato il cappello a doppia falda in cui le due falde vogliono rappresentare l’Italia del nord e quella del sud, per cui in un unico cappello a doppia falda, o due cappelli se si preferisce, cerco di rappresentare l’Italia intera.
 
I tuoi figli, immersi come sono dentro ascolti di questo tempo, digitali, per niente ricchi di cultura e di parole… come si sono misurati in questo modo di pensare alle canzoni?
I miei figli da quando sono nati ascoltano De André, Gaber, Battiato, Camisasca, Guccini, Jannacci, ecc. Essendo miei figli non potrebbe essere diversamente, ma io ho sempre detto loro di ascoltare anche i loro contemporanei, però li invito ad andarsi a ricercare cose meno di facciata. Perché è vero che oggigiorno c’è tanta immondizia in giro, ma come in ogni epoca storica, c’è anche tanta sperimentazione, che però rimane sommersa. Io spero di aver instillato in loro la curiosità e l’amore per la cultura. Soltanto il tempo mi dirà se ho operato bene o male.
 
E quanto hanno contribuito alla scrittura?
Tutto ciò che scrivo nasce dall’energia che mi danno i miei ragazzi e mia moglie. Specialmente in questo disco, il motore propulsore dell’intero album è stato mio figlio Giuseppe. Ero convinto di aver chiuso con la musica pop-rock. Il mio ultimo disco da cantautore doveva essere “Contestatore Romantico” del 2012. Avevo scritto anche il mio testamento artistico e lo avevo affidato alla canzone “L’ultimo giro di giostra”. Nel settembre di quello stesso anno, il mio sentire musicale aveva subito una rivoluzione copernicana e, lungo il sentiero della vita, complice un sogno, ho avuto modo di incontrare la musica classica e ho iniziato a scrivere testi con corrispondenza sillabica sulle melodie dei grandi compositori internazionali, primi su tutti Chopin, Mendelssohn e Vivaldi. Ho così scritto il mio primo romanzo, intitolato “IL SEGRETO DI CHOPIN” (Vincitore di 22 premi a livello nazionale e classificatosi al quinto posto nella classifica dei libri più belli d’Italia), seguito a distanza di due anni da “IL SEGRETO DI MARLENE” (Vincitore dell’Oscar della Letteratura 2020), primi due tomi della “TRILOGIA DI REINHARD FREEDMANN”. In verità un altro disco l’ho inciso nell’arco di tempo che va dal 2012 ad oggi, si chiama “ONIRIC CHOPIN ProsiMeloMetro N. 1” (Finalista al Premio Tenco 2019), che però, anziché nelle  vesti di cantante, mi vede in quelle di autore dei testi e di voce recitante, insieme alla voce di Juri Camisasca, il canto l’ho ceduto con gioia all’eccellente vocalist Vera Mignola, che ha intonato i testi da me scritti sulle melodie di Chopin, accompagnata dal pianoforte verticale del Maestro Giuseppe Giulio di Lorenzo. Ecco, credevo di aver chiuso in maniera drastica e definitiva la porta artistica “canora” e aver seppellito per sempre il “cantautore con due cappelli”, per dedicarmi esclusivamente alla letteratura, quando un giorno mio figlio, allora dodicenne, mi ha detto: “Papà, perché non fai un altro disco come quelli che facevi prima?” Non gli ho dato subito una risposta, anche se quella domanda aveva acceso una strana scintilla in me. Poi mio figlio ha continuato dicendo: “Dai papà, se fai il disco, suono io la batteria!” Ecco, queste parole mi hanno dato il giusto sprone. Ho così scritto nuove canzoni, ho scritto un testo su un pezzo che aveva composto mio figlio, ho recuperato alcune canzoni scritte a suo tempo, ma che ritengo ancora valide (Ringrazio Domenico Ammendola, senza la cui collaborazione i brani “Io e tu Nun ce lassamm’ cchiù (Forse)”, “Detti Non Detti” e “Artisti” non sarebbero mai nati), mi sono accordato con Gianni Colonna, caro amico ed eccellente consulente musicale, sulla direzione da prendere, sono suoi gli arrangiamenti dell’intero album e, tra lockdown, intuizioni e intime suggestioni, è nato “RADIO VARNADI 2.0 FAMILY EDITION”. All’interno del disco mio figlio Giuseppe ha suonato la batteria, la marimba, la tromba e ha cantato in “Stokazzo”, mio figlio Samuele ha cantato in “Detti Non Detti”, Francesca è la featuring della canzone “Imperativo”, brano scritto da suo fratello, mentre mia moglie Amelia ha letto il Radio Giornale e ha fatto diversi insert all’interno del disco. “Cosa potrei desiderare di più dalla vita?” Ma, nonostante ciò, restava un altro componente della famiglia da inserire nel disco, mio figlio Giovanni, che non ha voluto cantare. Ho così pensato deciso di mettere anch’io un bambino in copertina e ho inserito Giovanni col mio simbolo sulla testa: i due cappelli. 
 
E questo disco diventerà mai un libro? Ne ha tutte le sembianze, non so se è solo una mia impressione...
Di solito scrivo romanzi storici e il mio mondo letterario è molto distante da quello cantautorale, bensì alcune volte ci siano alcuni punti che si intrecciano. A rendere quest’esperienza discografica un libro non ci avevo pensato, però potrebbe essere un’ottima idea. Ti ringrazio per lo stimolo intellettuale. Ci penserò.